Roma – Confermato dettaglio chiave del comportamento stellare: le stelle nane bianche più calde sono leggermente più gonfie di quelle più fredde, anche quando hanno la stessa massa. Lo rivela uno studio condotto su oltre 26.000 nane bianche dalla Johns Hopkins University, pubblicato su The Astrophysical Journal. I risultati hanno confermato un effetto a lungo previsto, ma sfuggente in queste stelle ultra-dense e morenti, avvicinando gli scienziati di un passo all’utilizzo di questi oggetti stellari come laboratori naturali per sondare gli effetti della gravità estrema e dare la caccia a particelle esotiche di materia oscura. “Le nane bianche sono una delle stelle meglio caratterizzate con cui possiamo lavorare per testare queste teorie di base della fisica ordinaria nella speranza che forse possiamo trovare qualcosa di stravagante che indichi una nuova fisica fondamentale”, ha affermato Nicole Crumpler, astrofisica della Johns Hopkins University che ha guidato il lavoro. “Se vuoi cercare materia oscura, gravità quantistica o altre cose esotiche, è meglio che tu comprenda la fisica normale; altrimenti, qualcosa che sembra nuovo potrebbe essere solo una nuova manifestazione di un effetto che già conosciamo”, ha continuato Crumpler. “Le nane bianche sono nuclei di stelle che un tempo erano come il nostro Sole ma che hanno esaurito tutto l’idrogeno usato come combustibile nucleare”, ha spiegato Crumpler. “Queste stelle ridotte all’osso sono così dense che un cucchiaino del loro materiale pesa più di una tonnellata, molto più della materia ordinaria”, ha proseguito Crumpler. Con quella massa così compatta, la loro attrazione gravitazionale può essere centinaia di volte più forte di quella della Terra. La ricerca si è basata su misurazioni di come quelle condizioni estreme influenzassero le onde luminose emesse dalle nane bianche. La luce che si allontana da oggetti così massicci perde energia nel processo di fuga dalla sua gravità, diventando gradualmente più rossa. Questo effetto di “redshift” allunga le onde luminose come la gomma in modi che i telescopi possono misurare e deriva dalla deformazione dello spaziotempo causata dalla gravità estrema, come previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. Calcolando la media delle misurazioni dei movimenti delle nane bianche rispetto alla Terra e raggruppandole in base alla loro gravità e alle loro dimensioni, il gruppo di ricerca ha isolato lo spostamento verso il rosso gravitazionale per misurare in che modo le temperature più elevate influenzano il volume dei loro strati gassosi esterni. La ricerca prosegue gli sforzi dello stesso gruppo della Johns Hopkins. Il loro lavoro del 2020 su 3.000 nane bianche ha confermato che le stelle si restringono man mano che aumentano di massa a causa della “pressione di degenerazione elettronica”, un processo di meccanica quantistica che mantiene stabili i loro nuclei densi per miliardi di anni senza la necessità di fusione nucleare, che in genere supporta il nostro sole e altri tipi di stelle. “Finora, la squadra di astronomi non aveva dati sufficienti per confermare con sicurezza l’effetto più sottile, ma importante, delle temperature più elevate su quella relazione massa-dimensione”, ha dichiarato Crumpler. Lo studio combina le osservazioni dello Sloan Digital Sky Survey, che utilizza telescopi in Cile e New Mexico, e la missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea. Entrambi i progetti stanno mappando e tracciando continuamente milioni di stelle, galassie e altri oggetti cosmici. “La prossima frontiera potrebbe essere quella di rilevare le differenze estremamente sottili nella composizione chimica dei nuclei delle nane bianche di masse diverse”, ha aggiunto Nadia Zakamska, professoressa di astrofisica alla Johns Hopkins che ha diretto la ricerca. “Non comprendiamo appieno la massa massima che una stella può avere per formare una nana bianca, rispetto a una stella di neutroni o un buco nero”, ha notato Zakamska . “Queste misurazioni sempre più precise possono aiutarci a testare e perfezionare le teorie su questo e altri processi poco compresi nell’evoluzione delle stelle massicce”, ha sottolineato Zakamska. “Le osservazioni potrebbero anche aiutare i tentativi di individuare segnali di materia oscura, come assioni o altre particelle ipotetiche”, ha osservato Crumpler. Fornendo un quadro più dettagliato delle strutture delle nane bianche, la squadra di scienziati potrebbe usare questi dati per scoprire il segnale di un particolare modello di materia oscura che si traduce in un modello di interferenza nella galassia. “Se due nane bianche si trovano all’interno della stessa zona di interferenza della materia oscura, allora la materia oscura cambierebbe la struttura di queste stelle nello stesso modo”, ha suggerito Crumpler. Anche se la materia oscura ha gravità, non emette luce o energia che i telescopi possano vedere. Gli scienziati sanno che costituisce la maggior parte della materia nello spazio perché la sua gravità influenza stelle, galassie e altri oggetti cosmici in modi simili a come il sole influenza l’orbita del nostro pianeta. “Abbiamo sbattuto la testa contro il muro cercando di capire cosa sia la materia oscura, ma direi che non abbiamo fatto un bel niente”, ha detto Crumpler. “Sappiamo molto di cosa non sia la materia oscura e abbiamo scoperto dei limiti su cosa può e cosa non può fare, ma non sappiamo ancora cosa sia”, ha aggiunto Crumpler. “Ecco perché è così importante comprendere oggetti astrofisici più semplici come le nane bianche, perché danno la speranza di scoprire cosa potrebbe essere la materia oscura”, ha concluso Crumpler. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
Le nane bianche calde sono più grandi di quelle fredde
(18 Dicembre 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.