Valentina Arcovio

Il buon vino viene plasmato anche dai batteri “buoni”

(9 Dicembre 2024)

Roma – Per fare un buon vino servono (anche) buoni batteri. Un gruppo di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna ha mostrato il ruolo cruciale del microbioma del suolo per la produzione vinicola. Lo studio, pubblicato su Communications Biology, si è concentrato in particolare sull’analisi del terroir di una delle regioni vinicole più rinomate d’Italia, quella del Vino Nobile di Montepulciano. “La nostra indagine ha dimostrato che la specificità del terroir microbico nell’area del Vino Nobile di Montepulciano DOCG influenza direttamente le caratteristiche del vino”, spiega Simone Rampelli, ricercatore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio. “Questi risultati offrono nuove prospettive sulla complessità del terroir e su come la sua composizione unica, anche microbica, contribuisca alla qualità dei vini di questa regione”, aggiunge. Il microbioma del suolo su cui crescono i vigneti è fondamentale per la qualità del vino: le comunità di miliardi di microrganismi presenti nel terreno contribuiscono infatti alla fertilizzazione delle piante, alla loro resistenza agli stress ambientali, ai meccanismi di contrasto dei patogeni. Oggi sappiamo che il microbioma di un terroir vinicolo può essere utilizzato come marcatore di un’intera area di produzione. Finora, però, non erano state definite le possibili differenze all’interno di queste aree. Per approfondire il tema, gli studiosi si sono quindi concentrati sulle 12 unità geografiche aggiuntive (UGA) del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano DOCG, una delle eccellenze italiane per la produzione vinicola: 7 milioni di bottiglie vendute ogni anno in tutto il mondo, 65 milioni di euro di fatturato e un indotto complessivo del valore di circa un miliardo di euro. “Abbiamo analizzato 392 campioni da tutto il territorio di produzione, a diversi tempi di campionamento, seguendo tutto il ciclo produttivo del 2022”, spiega Giorgia Palladino, assegnista di ricerca al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Alma Mater e prima autrice dello studio. “Con le analisi dei metaboliti del vino della stessa annata, eseguite quest’estate, abbiamo poi chiuso il cerchio: uno sforzo che ci ha permesso di scoprire un piccolo tesoro nascosto nel terreno dei vigneti”, aggiunge. L’analisi dei campioni di suolo e della rizosfera, cioè della porzione di suolo che circonda le radici delle piante, ha infatti rivelato non solo una configurazione unica del microbioma nella zona del Vino Nobile di Montepulciano, ma anche specifiche abbondanze di batteri e funghi in ciascuna delle 12 unità geografiche aggiuntive. Gli studiosi hanno quindi preso in considerazione queste differenze in relazione alle caratteristiche del vino prodotto. Una comparazione che ha mostrato come le specifiche abbondanze di batteri e funghi contribuiscono a formare specifiche caratteristiche come l’aroma, il colore e il sapore. “Questa analisi – sottolinea Rampelli – mostra quanto è importante conoscere e preservare la biodiversità microbica locale, soprattutto nei casi in cui l’origine geografica e il legame con il territorio è centrale per riconoscere e garantire il prodotto. È importante quindi promuovere pratiche viticole che integrano il microbioma come componente fondamentale del terroir, mettendo a punto strategie mirate per garantire la sostenibilità e la resilienza dei vigneti e della produzione vinicola”. (30Science.com)

Valentina Arcovio