Roma – Il modello standard per la formazione delle galassie nell’universo primordiale prevedeva che il James Webb Space Telescope, JWST, avrebbe visto deboli segnali da piccole galassie primitive, ma i dati sembrano non confermare la popolare ipotesi secondo cui la materia oscura invisibile abbia aiutato le prime stelle e galassie ad aggregarsi, con le galassie più vecchie che risultano essere grandi e luminose, in accordo con una teoria alternativa della gravità. Lo rivela una nuova ricerca della Case Western Reserve University, pubblicata su The Astrophysical Journal. I risultati sfidano la comprensione degli astronomi dell’universo primordiale. “Ciò che la teoria della materia oscura ha previsto non è ciò che vediamo”, ha detto Stacy McGaugh, astrofisica della Case Western Reserve, il cui articolo descrive la formazione della struttura nell’universo primordiale. McGaugh ritiene che al posto della materia oscura, potrebbe aver giocato un ruolo la gravità modificata. “Una teoria nota come MOND, Modified Newtonian Dynamics, ha previsto nel 1998 che la formazione della struttura nell’universo primordiale sarebbe avvenuta molto rapidamente e più velocemente di quanto previsto dalla teoria della materia oscura fredda, nota come lambda-CDM”, ha affermato McGaugh. JWST è stato progettato per rispondere ad alcune delle più grandi domande dell’universo, come capire il modo e quando si sono formate le stelle e le galassie. Fino al suo lancio nel 2021, nessun telescopio era in grado di vedere così in profondità nell’universo e così indietro nel tempo. La teoria Lambda-CDM prevede che le galassie si siano formate mediante l’accrescimento graduale di materia da strutture piccole a strutture più grandi, dovuto alla gravità aggiuntiva fornita dalla massa della materia oscura. “Gli astronomi hanno inventato la materia oscura per spiegare come si passa da un universo primordiale molto uniforme alle grandi galassie con molto spazio vuoto tra loro che vediamo oggi”, ha dichiarato McGaugh. “I piccoli pezzi si sono assemblati in strutture sempre più grandi fino a formare le galassie.”, ha continuato McGaugh. “JWST dovrebbe essere in grado di vedere questi piccoli precursori delle galassie come luce fioca”, ha notato McGaugh. “Ci aspettavamo che ogni grande galassia che vediamo nell’universo vicino avrebbe avuto origine da questi minuscoli pezzi”, ha aggiunto McGaugh. “Ma – ha proseguito McGaugh – anche a redshift sempre più elevati, ovvero osservando sempre più in anticipo l’evoluzione dell’universo, i segnali sono più grandi e luminosi del previsto”. MOND ha previsto che la massa che diventa una galassia si assembla rapidamente e inizialmente si espande verso l’esterno con il resto dell’universo. La forza di gravità più forte rallenta, poi inverte l’espansione e il materiale collassa su sé stesso per formare una galassia. In questa teoria, non c’è affatto materia oscura. “Le grandi e luminose strutture viste da JWST molto presto nell’universo erano state previste da MOND più di un quarto di secolo fa”, ha osservato McGaugh, autrice del documento assieme all’ex ricercatore post-dottorato della Case Western Reserve, Federico Lelli, ora all’INAF—Arcetri Astrophysical Observatory in Italia, all’ex studente laureato, Jay Franck e James Schombert, dell’Università dell’Oregon. “Trovare una teoria compatibile sia con la MOND che con la relatività generale è ancora una grande sfida”, ha concluso McGaugh. (AGI) Lucrezia Parpaglioni.(30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
La teoria classica della formazione delle galassie potrebbe essere capovolta
(12 Novembre 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.