Roma – Non sono solo le città costiere che si preparano all’innalzamento del livello del mare o gli agricoltori che lottano contro modelli meteorologici irregolari, ora sono milioni le persone che, spinte dai cambiamenti climatici, sono costrette a trasferirsi all’interno dei loro stessi paesi. Lo rivela uno studio condotto da Marco Percoco, Direttore del Centro di Ricerca GREEN della Bocconi, Roman Hoffmann, dell’Istituto Internazionale per l’Analisi dei Sistemi Applicati, in Austria, Guy Abel, del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Hong Kong, Maurizio Malpede, dell’Università di Pavia, in Italia e Raya Muttarak, dell’Università di Bologna, in Italia, pubblicato su Nature Climate Change. Lo studio indaga le dinamiche alla base di questa migrazione interna. Analizzando oltre 107.000 flussi migratori all’interno di 72 Paesi tra il 1960 e il 2016, la ricerca rivela che con l’intensificarsi della siccità e l’aumento dell’aridità delle regioni, gli spostamenti di persone accelerano. “Di fronte a pressioni ambientali come la siccità prolungata, molte persone considerano la migrazione come l’opzione meno peggiore”, ha detto Percoco. La siccità ha il potere di sradicare vite umane, soprattutto in regioni come l’Europa meridionale, l’Asia meridionale, l’Africa e il Medio Oriente. “In molte aree, le persone non scelgono semplicemente di spostarsi, ma sono spinte da condizioni ambientali che rendono la permanenza sempre più insostenibile”, hanno dichiarato gli autori. Ma, la relazione tra clima e migrazione non è uniforme. Nelle nazioni più ricche, i tassi di migrazione sono complessivamente più alti, forse a causa di opzioni di spostamento più accessibili. Tuttavia, all’interno di questi Paesi, sono spesso le regioni più povere a registrare i tassi più elevati di emigrazione. Ciò suggerisce un’interazione complessa in cui i vincoli economici possono sia consentire che limitare la migrazione. “Mentre le aree più ricche possono offrire maggiori opportunità di spostamento, sono spesso coloro che provengono dalle aree meno avvantaggiate a sentire la maggiore pressione a partire”, ha osservato Percoco. Le aree rurali, in particolare quelle che dipendono dall’agricoltura, sono le più colpite dai cambiamenti climatici. Il documento sottolinea che queste comunità hanno maggiori probabilità di subire gli effetti di un peggioramento della siccità. Nelle regioni in cui l’agricoltura è la principale fonte di reddito, l’inaridimento del suolo e la diminuzione delle riserve idriche si traducono direttamente nella perdita dei mezzi di sussistenza. Questo spesso porta a migrare verso le aree urbane, dove le opportunità possono essere scarse ma percepite come più stabili. “Il trasferimento in città è una strategia di coping, un modo per le famiglie rurali di adattarsi a condizioni che non supportano più il loro stile di vita”, hanno spiegato gli autori. Le stesse aree urbane hanno meno probabilità di perdere residenti a causa delle condizioni di aridità. Al contrario, diventano calamite per coloro che fuggono dalle aree rurali colpite dalla siccità, intensificando il flusso di persone verso le città. Questa tendenza sta rimodellando i paesaggi urbani, poiché i nuovi migranti portano con sé le loro esigenze e le loro sfide, aggiungendo ulteriore pressione a un’infrastruttura già sotto stress. Gli effetti del cambiamento climatico sono percepiti in modo diverso a seconda dell’età, dell’istruzione e del contesto regionale. I giovani adulti e coloro che hanno un’istruzione secondaria sono spesso i primi a spostarsi dalle regioni più povere, spinti dalla speranza di trovare migliori opportunità altrove. Nei Paesi più ricchi, le popolazioni più anziane mostrano una sorprendente tendenza a spostarsi in risposta ai cambiamenti ambientali, forse a causa della migrazione per pensionamento o del desiderio di trasferirsi in climi più ospitali. Poiché la siccità diventa un fattore di migrazione più comune, diventa urgente la necessità di strategie proattive. Gli autori invitano a migliorare i sistemi di supporto nelle aree urbane che spesso diventano meta dei migranti climatici. “Dobbiamo pensare al futuro e garantire che le città siano in grado di accogliere questo flusso, fornendo alloggi, posti di lavoro e servizi a coloro che sono sfollati a causa dello stress ambientale”, ha suggerito Percoco. Inoltre, lo studio sottolinea l’importanza di politiche che aiutino le comunità rurali ad adattarsi in loco, riducendo la necessità di migrare in primo luogo. Una migliore gestione delle risorse idriche, l’innovazione agricola e le reti di sicurezza sociale potrebbero contribuire a stabilizzare le popolazioni e consentire alle persone di continuare la propria vita senza essere costrette a spostarsi. Questo approccio olistico, secondo Percoco e i suoi coautori, è fondamentale per affrontare le cause profonde delle migrazioni indotte dal clima. Percoco e colleghi sfidano la visione tradizionale della migrazione come fenomeno principalmente economico o legato ai conflitti, dimostrando che in molte regioni i fattori ambientali stanno diventando altrettanto importanti.(30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
La sicicità influenza le migrazioni interne nel mondo
(17 Ottobre 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.