Lucrezia Parpaglioni

Scoperto il primo buco nero triplo

(24 Ottobre 2024)

Roma – Osservato per la prima volta un “triplo buco nero”: il nuovo sistema contiene un buco nero centrale nell’atto di consumare una piccola stella che sta spiraleggiando molto vicino al buco nero, ogni 6,5 giorni, una configurazione simile alla maggior parte dei sistemi binari; ma, una seconda stella sembra anche orbitare attorno al buco nero, sebbene a una distanza molto maggiore. Secondo le stime, questa compagna lontana orbita attorno al buco nero ogni 70.000 anni. A darne notizia uno studio condotto dai fisici dell’Istituto di tecnologia del Massachusetts, MIT, e del Caltech, pubblicato su Nature. Molti buchi neri finora rilevati sembrano far parte di una coppia. Questi sistemi binari comprendono un buco nero e un oggetto secondario, come una stella, una stella di neutroni molto più densa o un altro buco nero, che si muovono a spirale l’uno attorno all’altro, attratti dalla gravità del buco nero per formare una coppia orbitale stretta. Ora, la scoperta promette di ampliare il quadro dei buchi neri, degli oggetti che possono ospitare e del modo in cui si formano. Il fatto che il buco nero sembri avere una presa gravitazionale su un oggetto così lontano solleva interrogativi sulle origini del buco nero stesso. Si pensa che i buchi neri si formino dalla violenta esplosione di una stella morente, un processo noto come supernova, tramite il quale una stella rilascia un’enorme quantità di energia e luce in un’esplosione finale prima di collassare in un buco nero invisibile. La scoperta del gruppo di ricerca, tuttavia, suggerisce che, se il buco nero appena osservato fosse il risultato di una tipica supernova, l’energia che avrebbe rilasciato prima di collassare avrebbe allontanato qualsiasi oggetto vagamente legato alla sua periferia. La seconda stella esterna, quindi, non dovrebbe essere ancora in giro. Invece, la squadra di scienziati sospetta che il buco nero si sia formato attraverso un processo più delicato di “collasso diretto”, in cui una stella semplicemente crolla su sé stessa, formando un buco nero senza un ultimo drammatico lampo. Un’origine così delicata difficilmente disturberebbe alcun oggetto lontano e vagamente legato. Poiché il nuovo sistema triplo include una stella molto lontana, questo suggerisce che il buco nero del sistema sia nato da un collasso più delicato e diretto. E, mentre gli astronomi hanno osservato supernovae più violente per secoli, il gruppo di ricerca sostiene che il nuovo sistema triplo potrebbe essere la prima prova di un buco nero formatosi da questo processo più delicato. “Pensiamo che la maggior parte dei buchi neri si formi da violente esplosioni di stelle, ma questa scoperta aiuta a mettere in discussione questa ipotesi”, ha notato Kevin Burdge, Pappalardo Fellow presso il Dipartimento di Fisica del MIT e autore dello studio. “Questo sistema è super entusiasmante per l’evoluzione dei buchi neri e solleva anche la questione se ci siano più triple là fuori”, ha continuato Burdge. La scoperta del triplo buco nero è avvenuta quasi per caso: i fisici l’hanno trovato mentre guardavano attraverso Aladin Lite, un archivio di osservazioni astronomiche, aggregate da telescopi nello spazio e in tutto il mondo. Gli astronomi possono usare lo strumento online per cercare immagini della stessa parte del cielo, scattate da diversi telescopi che sono sintonizzati su diverse lunghezze d’onda di energia e luce.  La squadra di scienziati stava cercando nella Via Lattea segnali di nuovi buchi neri. Per curiosità, Burdge ha esaminato un’immagine di V404 Cygni, un buco nero a circa 8.000 anni luce dalla Terra, uno dei primissimi oggetti ad essere mai stato confermato come buco nero, nel 1992. Da allora, V404 Cygni è diventato uno dei buchi neri più studiati ed è stato documentato in oltre 1.300 articoli scientifici. Tuttavia, nessuno di quegli studi ha riportato ciò che Burdge e i suoi colleghi hanno osservato. Mentre osservava le immagini ottiche di V404 Cygni, Burdge vide quello che sembravano due macchie di luce, sorprendentemente vicine l’una all’altra. La prima macchia era ciò che altri avevano determinato essere il buco nero e una stella interna, in orbita ravvicinata. La stella è così vicina che sta riversando parte del suo materiale sul buco nero, emettendo la luce che Burdge poteva vedere. La seconda macchia di luce, tuttavia, era qualcosa che gli scienziati non avevano studiato da vicino, fino ad ora. Quella seconda luce proveniva molto probabilmente da una stella molto lontana. “Il fatto che possiamo vedere due stelle separate a questa distanza significa in realtà che le stelle devono essere davvero molto distanti”, ha affermato Burdge, che ha calcolato che la stella esterna è a 3.500 unità astronomiche, UA, di distanza dal buco nero.  Un’UA è la distanza che intercorre tra la Terra e il sole. In altre parole, la stella esterna è 3.500 volte più lontana dal buco nero di quanto lo sia la Terra dal sole. Ciò equivale anche a cento volte la distanza tra Plutone e il sole. Gli scienziati si sono poi chiesti se la stella esterna fosse collegata al buco nero e alla sua stella interna. Per rispondere a questo quesito, i ricercatori hanno guardato a Gaia, un satellite che ha tracciato con precisione i movimenti di tutte le stelle nella galassia dal 2014. La squadra di scienziati ha analizzato i movimenti delle stelle interne ed esterne negli ultimi 10 anni di dati Gaia e ha scoperto che le stelle si muovevano esattamente in tandem, rispetto ad altre stelle vicine. I ricercatori hanno calcolato che le probabilità di questo tipo di movimento in tandem sono circa una su 10 milioni. “Quasi certamente non è una coincidenza o un incidente”, ha detto Burdge. “Stiamo osservando due stelle che si seguono a vicenda perché sono collegate da questa debole stringa di gravità; quindi, questo deve essere un sistema triplo”, ha proseguito Burdge. “Immagina di tirare un aquilone e, invece di una corda resistente, di tirare con una ragnatela”, ha affermato Burdge. “Se tirassi troppo forte, la ragnatela si spezzerebbe e perderesti l’aquilone”, ha continuato Burdge. “La gravità è come questa corda appena legata che è davvero debole e se fai qualcosa di critico alla binaria interna, perderai la stella esterna”, ha aggiunto Burdge. Tuttavia, per testare davvero questa idea, Burdge ha effettuato delle simulazioni per vedere come un sistema triplo del genere avrebbe potuto evolversi e conservare la stella esterna. All’inizio di ogni simulazione, ha introdotto tre stelle, la terza era il buco nero, prima che diventasse tale. Poi, lo scienziato ha eseguito decine di migliaia di simulazioni, ciascuna con uno scenario leggermente diverso su come la terza stella avrebbe potuto diventare un buco nero, e successivamente ha influenzato i movimenti delle altre due stelle. Ad esempio, ha simulato una supernova, variando la quantità e la direzione dell’energia che emetteva. Burdge ha anche simulato scenari di collasso diretto, in cui la terza stella semplicemente crollava su sé stessa per formare un buco nero, senza emettere energia. “La stragrande maggioranza delle simulazioni mostra che il modo più semplice per far funzionare questa triplice equazione è attraverso il collasso diretto”, ha sottolineato Burdge. Oltre a fornire indizi sulle origini del buco nero, la stella esterna ha anche rivelato l’età del sistema. I fisici hanno osservato che la stella esterna è in procinto di diventare una gigante rossa, una fase che si verifica alla fine della vita di una stella. Sulla base di questa transizione stellare, la squadra di ricerca ha determinato che la stella esterna ha circa 4 miliardi di anni. Dato che le stelle vicine nascono più o meno nello stesso periodo, il gruppo di scienziati ritiene che anche il triplo del buco nero abbia 4 miliardi di anni. “Non siamo mai stati in grado di farlo prima per un vecchio buco nero”, ha evidenziato Burdge. “Ora sappiamo che V404 Cygni fa parte di una tripla, potrebbe essersi formato da un collasso diretto e si è formato circa 4 miliardi di anni fa, grazie a questa scoperta”, ha concluso Burdge. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.