Roma – Dopo aver diagnosticato i primi casi europei nello scorso mese di giugno, il Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ha isolato per la prima volta al mondo il virus Oropouche (OROV) nel liquido seminale di un viaggiatore italiano di ritorno da Cuba, al quale era stata diagnosticata l’infezione oltre due settimane prima. La scoperta, pubblicata su Emerging Infectious Diseases rivista del CDC, agenzia federale USA per la prevenzione e il controllo delle malattie, apre nuovi e importanti scenari di salute pubblica e suggerisce che la trasmissione dell’infezione potrebbe avvenire anche tramite contatto sessuale oltre che attraverso la puntura di insetti. “Sino ad oggi sapevamo che questa infezione si trasmette da uomo a uomo soltanto in maniera indiretta, ovvero attraverso la puntura di un insetto”, commenta Federico Giovanni Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS di Negrar e uno degli autori della pubblicazione. “La possibilità indicata dal nostro studio, che l’infezione possa essere trasmessa tramite rapporti sessuali, è un campanello d’allarme da non sottovalutare. Non sono stati ancora descritti casi di trasmissione diretta interumana dell’infezione – continua – e il livello di rischio è molto basso per l’Italia, dove sono stati registrati 5 casi tutti importati. Tuttavia, i cambiamenti climatici e l’aumento degli spostamenti delle persone rendono necessari ulteriori studi per confermare la possibilità di una trasmissione da uomo a uomo. Resta importante anche monitorare costantemente, ad ogni livello, sia epidemiologico che clinico, l’andamento delle infezioni per poterle individuare con tempestività, evitando potenziali rischi, soprattutto per le persone più fragili”. Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità di Virologia e Patogeni Emergenti dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabriadi Negrar, co-autrice della pubblicazione, spiega: “La febbre Oropouche è una infezione tropicale causata dall’omonimo virus (OROV), scoperto nel 1955 nel sangue di un lavoratore forestale di Trinidad e Tobago, vicino al fiume Oropouche. Si tratta di un patogeno diffuso normalmente nella regione amazzonica e trasmesso all’uomo dalle punture di insetti: in particolare il culicoides paraensis, un moscerino diffuso in tutto il continente americano, dagli Stati Uniti sino all’Argentina, e la zanzara culex quinquefasciatus”. Prosegue Gobbi: “I sintomi della febbre Oropouche si manifestano di solito dopo 3-8 giorni dalla puntura dell’insetto vettore, e sono in gran parte sovrapponibili a quelli di altre febbri virali tropicali come dengue, Zika o chikungunya: febbre alta (oltre i 39 °C) accompagnata da mal di testa, dolore retrorbitale, malessere generale, dolore alle articolazioni, nausea e vomito. Sono stati inoltre registrati sporadici casi di interessamento del sistema nervoso centrale, come meningite ed encefalite. Nel 60% circa dei casi dopo la prima fase acuta i sintomi si ripresentano, in forma meno grave: di solito da due a dieci giorni, ma anche dopo un mese dalla prima comparsa”. L’ultimo aggiornamento pubblicato ai primi di settembre dall’ufficio per le Americhe dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riporta che dall’inizio dell’anno ai primi giorni di settembre sono stati registrati quasi 10.000 casi in otto Paesi: Bolivia, Brasile, Canada, Colombia, Repubblica Dominicana, Cuba, Perù, USA, e due decessi confermati, tutti in Brasile, dove è stato riscontrato anche un caso di encefalite e diversi casi di trasmissione del virus durante la gravidanza: morti fetali, anomalie congenite del neonato, aborti spontanei. “Il primo imperativo è quello di conoscere meglio questo virus sino ad oggi poco studiato”, afferma Castilletti. “Per questo motivo, dopo aver isolato il virus lo abbiamo messo subito a disposizione, in un’ottica di condivisione e collaborazione, di alcuni dei più importanti laboratori italiani ed esteri, tra cui l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istituto Spallanzani di Roma, l’Istituto di Medicina Tropicale di Anversa, il Netherlands Centre for Infectious Disease Control, il Charité Universitätsmedizin di Berlino. Saranno inoltre fondamentali – conclude – studi di competenza vettoriale, per verificare se le zanzare e i moscerini presenti alle nostre latitudini siano potenzialmente in grado di trasmettere l’infezione da Oropouche, ed a tal fine stiamo già collaborando con l’Istituto Superiore di Sanità”. (30Science.com)