Lucrezia Parpaglioni

La memoria autobiografica, dalle fotografie al digitale

(10 Ottobre 2024)

Roma – Solo cento anni fa, la maggior parte delle persone aveva al massimo qualche foto di sé e della propria famiglia, oggi è possibile immortalare ogni momento importante e no: dal primo passo del proprio figlio, alla visita al ristorante con gli amici, alla foto delle vacanze sulla spiaggia. E naturalmente la documentazione della vita non finisce qui. basti pensare alle innumerevoli e-mail e ai messaggi WhatsApp che ogni giorno vengono inviati e ricevuti, alle esperienze condivise con gli altri tramite i social media o ai dati registrati dagli smartwatch. Ora, Fabian Hutmacher, ricercatore presso la cattedra di Psicologia della comunicazione e dei nuovi media della Julius-Maximilians-Universität, JMU, di Würzburg in Baviera, in Germania, Markus Appel, della JMU e Stephan Schwan, del Leibniz-Institut für Wissensmedien di Tubinga, hanno pubblicato, sulla rinomata rivista Psychological Inquiry, un articolo sul ricordo autobiografico nell’era digitale, con l’intenzione di fornire un orientamento in questo campo di indagine ancora largamente inesplorato. “Si possono avere intuizioni molto diverse su come valutare questa maggiore densità di episodi di vita registrati”, ha detto Hutmacher. “Alcuni sperano, ad esempio, che in questo modo saremo in grado di compensare le debolezze e ridurre le distorsioni della memoria umana”, ha continuato Hutmacher. “Altri temono invece che si crei un nuovo potenziale per la sorveglianza e per minare la nostra privacy”, ha proseguito Hutmacher. “Come spesso accade, le cose non sono semplicemente bianche o nere, ma richiedono uno sguardo più attento”, ha affermato Hutmacher. Il fatto che l’uomo attinga a risorse esterne alla propria mente quando ricorda eventi passati non è un’invenzione dell’era digitale, ma una costante della storia umana. Già migliaia di anni fa, le persone hanno lasciato pitture rupestri e stabilito tradizioni per la trasmissione orale della conoscenza. “Ciò che distingue le risorse digitali da queste altre opzioni, tuttavia, non è solo la già citata maggiore densità di episodi di vita registrati, ma anche il fatto che queste risorse digitali creano un database ricercabile costituito da una combinazione di diverse fonti multimediali a cui spesso si può accedere ovunque e in qualsiasi momento”, ha spiegato Hutmacher. “Le risorse digitali non si limitano a fornire un’archiviazione passiva, ma consentono anche, utilizzando l’intelligenza artificiale, ad esempio, di regolare e riorganizzare le registrazioni per creare, tra l’altro, album digitali di vacanze o di matrimoni”, ha evidenziato Hutmacher. Questo può avere un profondo impatto sul modo in cui vediamo le esperienze passate”, ha aggiunto Schwan, che dirige il Realistic Depictions Lab presso il Leibniz-Institut für Wissensmedien di Tubinga. Ma, non è tutto:risorse digitali diverse sono adatte a scopi diversi. Ad esempio, i dati quantitativi, come il monitoraggio delle distanze di corsa, della frequenza cardiaca e dei cicli di sonno, sembrano particolarmente adatti a scoprire le tendenze comportamentali a lungo termine. Altri dati, come foto e video, sono invece più adatti per ricordare o riflettere su eventi passati. L’aumento dell’uso di dati digitali per il ricordo autobiografico potrebbe avere conseguenze sia auspicabili che indesiderabili in numerosi campi di applicazione. Ad esempio, si spera che le risorse digitali possano essere utilizzate per sostenere le persone con difficoltà di memoria e demenza nella loro vita quotidiana. Allo stesso modo, le registrazioni digitali potrebbero aiutare a conservare ricordi importanti per la nostra memoria collettiva, come nel caso dei testimoni della Shoah. “La gamma dei modi digitali di ricordare sta diventando sempre più ampia, basti pensare alle realtà virtuali e aumentate”, ha sottolineato Schwan. Allo stesso tempo, i dati digitali offrono anche la possibilità di essere manipolati: probabilmente, i deepfake potrebbero svolgere un ruolo non solo per quanto riguarda gli attori politici e gli eventi, ma anche per quanto riguarda i ricordi della nostra vita. “Nella maggior parte dei casi, non disponiamo ancora di dati sufficientemente affidabili per trarre conclusioni definitive su opportunità e rischi”, ha riassunto Hutmacher. “I ricordi autobiografici sono una parte importante di ciò che ci rende umani”, ha notato Hutmacher. “Questo rende ancora più importanti le ulteriori ricerche dei prossimi anni”, ha specificato Hutmacher. Nei suoi studi futuri, Hutmacher vorrebbe indagare in modo ancora più approfondito le sottigliezze dell’interazione tra i dati registrati e i ricordi immagazzinati nella mente umana. Per Hutmacher è particolarmente importante anche la questione di come i dati registrati possano essere utilizzati e organizzati in modo da aiutare le persone a ricordare il proprio passato. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.