Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Nuova scoperta sui ghiacciai migliora previsioni sull’innalzamento del livello del mare

(13 Settembre 2024)

Roma – La scoperta di un meccanismo relativo al congelamento dell’acqua di scioglimento delle nevi sui ghiacciai potrebbe migliorare le stime dell’innalzamento del livello del mare in tutto il mondo. E’ quanto emerge da uno studio guidato dall’ Università del Texas ad Austin e pubblicato su Geophysical Research Letters. Le due più grandi riserve di acqua dolce del mondo, le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide, sono ricoperte di neve vecchia, nota come firn, che non è ancora compattata in ghiaccio solido. Poiché il firn è poroso, la neve sciolta può defluire nel firn e congelare di nuovo anziché scorrere in mare. Si pensa che questo processo riduca di circa la metà il deflusso di acqua di fusione. Tuttavia, è anche possibile formare strati di ghiaccio impermeabili che possono fungere da barriere per l’acqua di scioglimento e deviarla verso il mare. “Quindi, ci sono casi in cui questi strati di ghiaccio nel firn accelerano la velocità con cui l’acqua di scioglimento scorre negli oceani”, hanno affermato gli autori. Secondo i ricercatori, il potenziale dell’acqua di fusione glaciale di congelare nei firn o di scorrere via dalle barriere di ghiaccio esistenti rende la comprensione delle dinamiche di congelamento all’interno dello strato di firn una parte importante della stima dell’innalzamento del livello del mare. Questa nuova ricerca presenta la formazione dello strato di ghiaccio come una competizione tra due processi: l’acqua di fusione più calda che scorre attraverso il firn poroso (advezione) e il ghiaccio freddo che congela l’acqua in posizione tramite conduzione del calore. La profondità in cui la conduzione del calore inizia a prevalere sull’advezione del calore determina la posizione in cui si forma un nuovo strato di ghiaccio. “Ora che conosciamo la fisica della formazione di quegli strati di ghiaccio, saremo in grado di prevedere meglio la capacità di ritenzione dell’acqua di fusione del firn”, ha affermato il coautore dello studio Surendra Adhikari, geofisico del Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla