Lucrezia Parpaglioni

L’atmosfera perduta di Marte potrebbe nascondersi nell’argilla

(26 Settembre 2024)

Roma – Gran parte dell’atmosfera mancante di Marte potrebbe essere bloccata nella crosta ricoperta di argilla del pianeta. Lo rivela uno studio condotto da due geologi del MIT, riportato su Science Advances. Marte non è sempre stato il freddo deserto che vediamo oggi. Ci sono sempre più prove che un tempo l’acqua scorreva sulla superficie del Pianeta Rosso, miliardi di anni fa. E se c’era l’acqua, doveva esserci anche una spessa atmosfera per evitare che l’acqua si congelasse. Ma, intorno a 3,5 miliardi di anni fa, l’acqua si è prosciugata e l’aria, un tempo carica di anidride carbonica, si è drasticamente assottigliata, lasciando solo lo scampolo di atmosfera che oggi si aggrappa al pianeta. Dove è andata a finire l’atmosfera di Marte è una domanda irrisolta dei 4,6 miliardi di anni di storia di Marte. La squadra di ricerca sostiene che, quando l’acqua era presente su Marte, il liquido potrebbe essere fluito attraverso alcuni tipi di roccia e aver innescato una lenta catena di reazioni che hanno progressivamente estratto l’anidride carbonica dall’atmosfera e l’hanno convertita in metano, una forma di carbonio che potrebbe essere immagazzinata per eoni nella superficie argillosa del pianeta. Processi simili si verificano in alcune regioni della Terra. I ricercatori hanno utilizzato le loro conoscenze sulle interazioni tra rocce e gas sulla Terra e le hanno applicate a come processi simili potrebbero svolgersi su Marte. Gli scienziati hanno scoperto che, data la quantità di argilla che si stima ricopra la superficie di Marte, l’argilla del pianeta potrebbe contenere fino a 1,7 bar di anidride carbonica, che equivarrebbe a circa l’80% dell’atmosfera iniziale del pianeta. È possibile che questo carbonio marziano sequestrato possa un giorno essere recuperato e convertito in propellente per alimentare future missioni tra Marte e la Terra, secondo i ricercatori. “Sulla base delle nostre scoperte sulla Terra, dimostriamo che probabilmente processi simili hanno operato su Marte, e che copiose quantità di CO2 atmosferica potrebbero essersi trasformate in metano ed essere state sequestrate nelle argille”, ha affermato Oliver Jagoutz, professore di geologia presso il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Atmosfera e del Pianeta, EAPS, del MIT e autore dello studio. “Questo metano potrebbe essere ancora presente e forse anche utilizzato come fonte di energia su Marte in futuro” ha continuato Jagoutz. Il gruppo di Jagoutz al MIT cerca di identificare i processi geologici e le interazioni che guidano l’evoluzione della litosfera terrestre, lo strato esterno duro e fragile che comprende la crosta e il mantello superiore, dove si trovano le placche tettoniche. Nel 2023, l’autore principale dello studio di recente laureato in EAPS, Joshua Murray, assieme a Jagoutz, hanno concentrato la propria attenzione su un tipo di minerale argilloso superficiale, chiamato smectite, noto per essere una trappola molto efficace per il carbonio. All’interno di un singolo granello di smectite si trovano una moltitudine di pieghe, all’interno delle quali il carbonio può rimanere indisturbato per miliardi di anni. I ricercatori hanno dimostrato che la smectite sulla Terra è probabilmente un prodotto dell’attività tettonica e che, una volta esposta in superficie, i minerali di argilla hanno agito per attirare e immagazzinare una quantità di anidride carbonica dall’atmosfera tale da raffreddare il pianeta per milioni di anni. Poco dopo la pubblicazione dei risultati, Jagoutz ha osservato una mappa della superficie di Marte e si è reso conto che gran parte della superficie del pianeta era ricoperta dalle stesse argille smectitiche. “Sappiamo che questo processo avviene ed è ben documentato sulla Terra e queste rocce e argille esistono anche su Marte”, ha spiegato Jagoutz. “Quindi, volevamo provare a collegare i punti” ha proseguito Jagoutz. A differenza della Terra, dove la smectite è una conseguenza dello spostamento e del sollevamento delle placche continentali per portare in superficie le rocce del mantello, su Marte non c’è una simile attività tettonica. Il gruppo di ricerca ha cercato i modi in cui le argille potrebbero essersi formate su Marte, sulla base di ciò che gli scienziati conoscono della storia e della composizione del pianeta. Per esempio, alcune misurazioni a distanza della superficie di Marte suggeriscono che almeno una parte della crosta del pianeta contiene rocce ignee ultramafiche, simili a quelle che sulla Terra producono smectiti attraverso gli agenti atmosferici. Altre osservazioni rivelano modelli geologici simili a fiumi e affluenti terrestri, dove l’acqua potrebbe essere fluita e aver reagito con la roccia sottostante. Jagoutz e Murray si sono chiesti se l’acqua possa aver reagito con le rocce ultramafiche profonde di Marte in modo da produrre le argille che oggi ricoprono la superficie. Gli scienziati hanno sviluppato un semplice modello di chimica delle rocce, basato su ciò che si sa di come le rocce ignee interagiscono con il loro ambiente sulla Terra e hanno applicato questo modello a Marte, dove gli scienziati ritengono che la crosta sia costituita principalmente da rocce ignee ricche di olivina. La squadra di scienziati ha utilizzato il modello per stimare i cambiamenti che la roccia ricca di olivina potrebbe subire, ipotizzando che l’acqua sia esistita sulla superficie per almeno un miliardo di anni e che l’atmosfera fosse densa di anidride carbonica. “In questo momento della storia di Marte, pensiamo che la CO2 sia ovunque, in ogni angolo, e che anche l’acqua che permea le rocce sia piena di CO2”, ha evidenziato Murray.  Nel corso di circa un miliardo di anni, l’acqua che scorreva attraverso la crosta avrebbe reagito lentamente con l’olivina, un minerale ricco di una forma ridotta di ferro. Le molecole di ossigeno presenti nell’acqua si sarebbero legate al ferro, liberando idrogeno e formando il ferro rosso ossidato che dà al pianeta il suo colore iconico. L’idrogeno libero si sarebbe poi combinato con l’anidride carbonica presente nell’acqua, formando il metano. Con il passare del tempo, l’olivina si è trasformata lentamente in un altro tipo di roccia ricca di ferro, nota come serpentino, che ha continuato a reagire con l’acqua per formare la smectite. “Queste argille smectitiche hanno una grande capacità di immagazzinare carbonio”, ha sottolineato Murray. “Abbiamo quindi utilizzato le conoscenze esistenti su come questi minerali vengono immagazzinati nelle argille sulla Terra e le abbiamo estrapolate per dire: se la superficie marziana ha questa quantità di argilla, quanto metano si può immagazzinare in quelle argille?”, ha aggiunto Murray. I due scienziati hanno scoperto che, se Marte è coperto da uno strato di smectite profondo 1.100 metri, questa quantità di argilla potrebbe immagazzinare un’enorme quantità di metano, equivalente alla maggior parte dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera che si pensa sia scomparsa da quando il pianeta si è prosciugato. “Scopriamo che le stime dei volumi globali di argilla su Marte sono coerenti con l’ipotesi che una frazione significativa della CO2 iniziale di Marte sia stata sequestrata come composti organici all’interno della crosta ricca di argilla”, ha osservatp Murray. “In un certo senso, l’atmosfera mancante di Marte potrebbe nascondersi in bella vista”, ha concluso Murray.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.