Lucrezia Parpaglioni

Le stelle marine perdono gli arti per sfuggire ai predatori

(29 Agosto 2024)

Roma – Le stelle marine riescono a sopravvivere agli attacchi dei predatori liberandosi dei propri arti. Lo rivela uno studio della Queen Mary University di Londra, pubblicato su Current Biology. I ricercatori hanno identificato un neurormone responsabile dell’innesco di questa straordinaria impresa di autoconservazione. L’autotomia, la capacità di un animale di staccare una parte del corpo per sfuggire ai predatori, è una strategia di sopravvivenza ben nota nel regno animale. Le lucertole che si liberano della coda ne sono un esempio familiare, ma i meccanismi alla base di questo processo rimangono in gran parte misteriosi. Ora gli scienziati hanno svelato un pezzo chiave del puzzle. Studiando la comune stella marina europea, Asterias rubens, hanno identificato un neurormone simile all’ormone della sazietà umano, la colecistochinina, CCK, come regolatore del distacco delle braccia. Inoltre, gli scienziati ipotizzano che, quando questo neurormone viene rilasciato in risposta allo stress, come l’attacco di un predatore, stimola la contrazione di un muscolo specializzato alla base del braccio della stella marina, causandone di fatto il distacco. Le stelle marine possiedono incredibili capacità rigenerative, che permettono loro di far ricrescere gli arti perduti nel tempo. La comprensione dei meccanismi precisi alla base di questo processo potrebbe avere implicazioni significative per la medicina rigenerativa e lo sviluppo di nuovi trattamenti per le lesioni agli arti. “I nostri risultati fanno luce sulla complessa interazione tra neurormoni e tessuti coinvolti nell’autotomia delle stelle marine”, ha detto Ana Tinoco, membro del gruppo di ricerca londinese che ora lavora presso l’Università di Cadice in Spagna. “Abbiamo identificato un attore chiave, ma è probabile che altri fattori contribuiscano a questa straordinaria capacità” ha continuato Tinoco. Maurice Elphick, docente di fisiologia animale e neuroscienze presso la Queen Mary University di Londra, che ha guidato lo studio, ne ha sottolineato l’importanza più ampia. “Questa ricerca non solo svela un aspetto affascinante della biologia delle stelle marine, ma apre anche le porte all’esplorazione del potenziale rigenerativo di altri animali, compresi gli esseri umani”, ha osservato Elphick. “Decifrando i segreti dell’auto-amputazione delle stelle marine, speriamo di far progredire la nostra comprensione della rigenerazione dei tessuti e di sviluppare terapie innovative per le lesioni agli arti”, ha concluso Elphick. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.