Roma – A cento anni dalla prima registrazione dell’attività elettrica del cervello umano, gli esperti celebrano l’eredità della sua scoperta e condividono le loro previsioni e priorità per il futuro. Una ricerca condotta dall’Università di Leeds, pubblicata rivista Nature Human Behaviour, mostra quali sono le aspettative di medici e scienziati sull’utilizzo dell’elettroencefalogramma (EEG). Sin dal suo primo utilizzo nel luglio 1924, l’EEG si è rivelato fondamentale per la nostra comprensione delle funzioni e delle disfunzioni cerebrali. Come ad esempio nella diagnosi clinica dell’epilessia, dove l’analisi del segnale EEG ha fatto sì che una condizione precedentemente considerata un disturbo della personalità venisse rapidamente ridefinita come un disturbo dell’attività cerebrale. Ora, a distanza di un secolo, i ricercatori hanno chiesto a più di 500 esperti provenienti da tutto il mondo di riflettere sull’impatto di questa metodologia rivoluzionaria, nonché sulle sfide e le priorità per il futuro. I risultati dunque presentano quali sono i possibili sviluppi futuri per l’EEG, che vanno da quelli considerati “essenziali per il progresso” a quelli “altamente improbabili”, e fanno delle stime sulle tempistiche necessarie per il raggiungimento degli obiettivi. L’elenco comprende una serie di innovazioni affascinanti e futuristiche che gli esperti ritengono potrebbero essere realizzate nel giro di una generazione. Tra queste rientrano l’uso dell’EEG per migliorare le prestazioni cognitive; la diagnosi precoce di disabilità di apprendimento; l’uso diffuso come rilevatore di bugie; e l’uso come strumento di comunicazione primario per coloro che soffrono di gravi disabilità motorie e sindrome locked-in. Si ritiene che una diagnosi affidabile e in tempo reale di anomalie cerebrali come convulsioni o tumori sarà possibile tra soli 10-14 anni, mentre alcuni esperti ritengono che la probabilità di leggere il contenuto dei sogni e dei ricordi a lungo termine sia lontana più di 50 anni, ma molti la liquidano come più vicina alla fantascienza che alla realtà. La ricerca ha inoltre rivelato che, entro una generazione, potremmo tutti portare con noi il nostro EEG personale e portatile. Gli EEG “potrebbero davvero diventare qualcosa di simile a uno smartphone: quasi tutti potrebbero avervi accesso e utilizzarli quotidianamente, migliorando idealmente la loro vita grazie a informazioni significative sui fattori fisiologici”, dice il coautore dello studio, Dominik Welke , ricercatore presso l’Università di Leeds. “Uno di questi utilizzi positivi e futuri della tecnologia EEG potrebbe essere il controllo della vigilanza per conducenti o piloti. Questi sistemi di sicurezza sul lavoro potrebbero aiutare l’utente a identificare se si sta addormentando, quindi svegliarlo o dire al copilota che deve prendere il comando”, aggiunge. L’hardware coinvolto nella registrazione dell’EEG è relativamente basilare, ed è rimasto invariato, in linea di principio, da quando è stato utilizzato per la prima volta dallo psichiatra Hans Berger, in Germania, il 6 luglio 1924. Ciò che è cambiato drasticamente da allora è l’analisi dei dati registrati digitalmente e ciò che possiamo fare con essi. Composti solo da elettrodi e un amplificatore, i sistemi EEG stanno diventando sempre più economici da produrre, oltre che più trasportabili e facili da usare. Insieme alla loro natura non invasiva, c’è poco che impedisca che diventino più accessibili a un pubblico più vasto. Mentre la prospettiva di un ampio utilizzo della tecnologia EEG nei videogiochi e nella realtà virtuale (previsto fra soli 20 anni) entusiasmerà i giocatori, la possibilità davvero entusiasmante per scienziati e medici è che questa crescente accessibilità consentirà loro di interagire con comunità tradizionalmente escluse dalla ricerca EEG, in particolare nei paesi a basso reddito che non possono permettersi tecnologie di imaging più complesse. Si prevede inoltre che i progressi nell’automazione basata sull’intelligenza artificiale miglioreranno e velocizzeranno l’analisi di dati complessi. “Guardando al futuro: dal punto di vista hardware, è relativamente economico e facile da produrre, e dal punto di vista dell’analisi e del software, con queste nuove tecnologie informatiche, tutti i pezzi del puzzle sono lì per estendere davvero l’EEG a una base di utenti molto ampia”, sottolinea Welke. “A differenza di altri metodi disponibili, come la risonanza magnetica o i dispositivi impiantati, l’EEG ha il potenziale di rendere il neuroimaging accessibile a tutte le persone del mondo”, aggiunge. Oltre all’ottimismo sul fatto che le tecnologie emergenti stiano aprendo nuove entusiasmanti possibilità per l’EEG, gli esperti consultati nello studio hanno anche lanciato un messaggio di cautela, con preoccupazioni che spaziano dalla mancanza di aderenza agli standard e ai protocolli concordati alle questioni etiche sollevate dalle nuove applicazioni commerciali e dal fascino del “neuro-miglioramento”. “Sono certo che alcune delle aziende tecnologiche multinazionali potrebbero essere molto interessate a lanciare l’EEG o altre tecnologie di neuroimaging, solo per ottenere maggiori informazioni sui loro utenti relative alle loro preferenze ed emozioni 24 ore al giorno. Ma dovrebbe essere utilizzato in questo modo?”, sottolinea Welke. “Ci sono ovvie preoccupazioni sulla libertà cognitiva e sulla privacy mentale. Ciò si ripercuote – continua – sull’importanza della ‘responsabilità’, ovvero il fatto che nuovi modi di usare una tecnologia possano anche sollevare nuove questioni etiche”. Un altro obiettivo del sondaggio era identificare le priorità della comunità scientifica. I partecipanti hanno valutato quanto importanti sarebbero stati per il loro lavoro gli sviluppi e i progressi principali in vari ambiti della ricerca EEG. “Penso che l’EEG, se combinato con tecnologie come l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale, potrebbe trasformare radicalmente il modo in cui interagiamo con le macchine e, così facendo, svolgere un ruolo estremamente importante nella scienza e nella società nei prossimi 100 anni”, sottolinea Mushtaq. “Ma per garantire ciò, la comunità delle neuroscienze, dal mondo accademico, clinico e industriale, deve impegnarsi a promuovere pratiche solide, etiche, inclusive e sostenibili che contribuiranno a realizzare il suo enorme potenziale”. conclude. (30Science.com)