Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Intervista: Francesco Marra (UniSa) i modelli digitali per rivoluzionare l’agroalimentare

(4 Novembre 2022)

prof. Francesco Marra

(30science.com) – Roma, 4 nov. – La prossima rivoluzione dell’agroalimentare passa dalla progettazione digitale dei cibi che troveremo sulle nostre tavole. Maggiore sicurezza, maggiore aderenza ai gusti dei consumatori, maggiore efficienza nella produzione, sono solo alcuni dei vantaggi della cosiddetta Computer-aided food engineering (CAFE), l’utilizzo di modelli digitali per sviluppare nuovi tipi di cibi, che si sta piano piano imponendo come la nuova frontiera dell’industria di questo settore. Questo è quanto emerge da un nuovo studio – pubblicato su “Nature food” a prima firma del prof. Ashim Datta della Cornell University, USA – sul quale abbiamo sentito il prof. Francesco Marra del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Salerno e coautore dello studio stesso.

Quale contributo può offrire la CAFE al comparto agroalimentare, in particolare a quello nazionale?

“Gli strumenti computazionali, sia quelli basati su analisi di dati sia quelli basati su modelli fisici, ci permettono di prevedere gli effetti che una serie di operazioni (per esempio, dalla miscelazione degli ingredienti, alla cottura) hanno su un prodotto alimentare, sia in termini di sicurezza, sia di altre caratteristiche (organolettiche come anche nutrizionali) importanti per il consumatore. Tutto il comparto agroalimentare italiano non può che beneficiare dell’utilizzo di tali strumenti computazionali: questi modelli garantiscono l’esplorazione virtuale di scenari e prospettive sia per l’ottimizzazione di prodotti e processi esistenti, sia per l’innovazione, agevolandola e accelerandola drasticamente, con la conseguente riduzione sia dei costi che del cosiddetto time-to-market. Diverse aziende a livello internazionale stanno già adottando le soluzioni cui facciamo riferimento nello studio con notevoli vantaggi concorrenziali”.

Lei ha fatto riferimento ad aziende che a livello internazionale già stanno adottando la CAFE, quale la situazione in Italia?

“La mia personale opinione è che ci sia una prateria aperta per il diffondersi di queste soluzioni di ricerca e sviluppo. L’industria alimentare si suddivide in un piccolissimo nucleo di grandi aziende, una certa fetta di aziende medie e poi una larghissima maggioranza di piccole aziende, a conduzione familiare. È improbabile quindi, visti i costi, che al di là delle aziende di punta, ci si sia dotati o ci si stia dotando di strumenti in house di sviluppo di questo tipo. A fronte di questa situazione, sono presenti sul mercato diverse aziende che forniscono soluzioni computazionli per il comparto agroalimentare, ma quello che sempre più accade è che piccole start-up puntino fin dall’inizio su questo genere di strumenti e che ne facciano il valore aggiunto del loro sviluppo nell’agroalimentare. Anche le collaborazioni che si generano in questo ambito tra aziende e università e centri di ricerca contribuiscono al diffondersi di questi strumenti.”.

Il PNRR può rappresentare una occasione per diffondere questi strumenti anche tra le aziende che non sarebbero portate, da sole, a dotarsene?

“Certamente nello spirito del PNRR rientra l’attenzione per questi strumenti, soprattutto considerando che si può dimostrare che la loro applicazione può portare un grosso contributo alla sostenibilità di tutta una serie di attività. Si può ad esempio ridurre ad un quarto il tempo di sperimentazione di combinazioni di ingredienti per l’ottimizzazione di un prodotto. Sono certo che all’interno del PNRR sia nella parte dedicata alle tecnologie basate sui dati, sia in quella dedicata all’alimentare, questi strumenti trovino il loro spazio.” (30science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla