Silvia Venier

La minaccia nucleare e i nostri diritti

(18 Ottobre 2022)

(30Science.com) – Roma, 18 ott. –  Un editoriale uscito su Science la scorsa settimana suggerisce come la guerra in Ucraina stia facendo emergere gli enormi rischi insiti nella strategia della deterrenza, uno dei cardini degli equilibri geopolitici mondiali dalla fine della Seconda guerra mondiale basato sulla minaccia reciproca per mezzo del possesso di armi nucleari. La logica un po’ perversa della deterrenza si regge sull’idea che la protezione sia data dalla vulnerabilità alla minaccia, più o meno velata, dell’uso di armi nucleari. Generalmente gli stati si riservano di utilizzare il loro arsenale nucleare nel caso estremo di legittima difesa contro un attacco armato che violi un loro interesse vitale, ma non forniscono mai dettagli sulle circostanze specifiche che giustificherebbero questo utilizzo. Il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia adottato nel 1996 ha contribuito a quest’aura di incertezza, esprimendo l’impossibilità di concludere in via definitiva se l’utilizzo delle armi nucleari possa considerarsi legale “in an extreme circumstance of self-defence, in which the very survival of a State would be at stake”. Nello stesso parere la Corte ha inoltre evidenziato come l’adesione degli stati nucleari alla strategia di deterrenza sia il principale ostacolo all’abolizione delle armi nucleari a livello globale.

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Nel corso degli anni, la deterrenza è stata accompagnata da sforzi per la non-proliferazione e il disarmo, con l’obiettivo di ridurre i rischi posti dal possesso delle armi nucleari. La guerra in Ucraina sta però segnando un nuovo capitolo di questa storia: se il riferimento al possibile utilizzo delle armi nucleari è sempre stato fatto nell’ambito di strategie di difesa, qualche giorno dopo l’invasione dell’Ucraina per la prima volta Putin ha indicato di aver messo in stato di allerta le proprie forze di deterrenza nucleare nell’ambito di una guerra offensiva. Nonostante le autorità russe abbiano chiarito che questi riferimenti sono sempre da intendersi nel caso di minaccia esistenziale, l’incertezza è grande visto che non è dato sapere in quali contesti si possano sentire minacciati in questi termini, soprattutto dopo l’annessione delle quattro regioni ucraine di fine settembre che lascia presagire come un’operazione militare speciale si stia trasformando in una guerra per la difesa dei (nuovi) confini nazionali, da proteggere con tutti i mezzi a disposizione.

Dalle parole di Putin di fine febbraio, troppe volte ci siamo sentiti impotenti di fronte alla minaccia di utilizzo delle armi nucleari e all’incertezza che accompagna questa minaccia. Esiste però uno strumento su cui possiamo fare leva per aumentare il nostro livello di protezione: i nostri diritti fondamentali, tra cui il diritto alla vita, alla vita privata, alla salute fisica e mentale, ad un ambiente salubre, che richiedono agli stati di adottare misure per il loro effettivo godimento. Nel dibattito sulle armi nucleari non s’è mai dato troppo spazio alle considerazioni legate alla protezione dei diritti umani, proprio perché le principali argomentazioni si sono sempre basate su logiche di deterrenza, incertezza e segretezza, mentre i diritti umani richiedono massima trasparenza sui rischi a cui la popolazione è sottoposta e sulle relative misure di prevenzione e preparazione. Nel 2018, il Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha però affermato che la minaccia dell’utilizzo di armi nucleari (non solo quindi il loro uso) è incompatibile con il diritto alla vita, e ha chiesto a tutti gli Stati di adottare le misure necessarie a diminuire questa minaccia.

Mentre la scienza si interroga su quali misure siano effettivamente utili a ridurre il rischio, alcuni accorgimenti possono essere adottati subito: diminuire l’incertezza attorno al tipo di risposta attesa in caso di attacco nucleare, e preparare una difesa incentrata sulla de-escalation e sulla protezione della popolazione. Un esempio della prima misura è la recente dichiarazione del Presidente Macron sul fatto che la Francia non ricorrerà alle armi nucleari dovesse la Russia utilizzarle ‘in Ucraina o nella regione’. Si tratta di un annuncio per cui il presidente francese è stato fortemente criticato visto che contrasta con la vaghezza su cui si basa la deterrenza. Per essere precisi, Macron ha sostenuto che la strategia di dissuasione funziona e che è meglio parlare di armi nucleari il meno possibile, ma incalzato dalle domande della giornalista (‘tutti ne parlano’), ha confermato che la dottrina francese non prevede l’utilizzo di armi nucleari in risposta ad un attacco tattico o balistico russo non direttamente indirizzato al territorio francese.

Con riferimento all’obbligo di prepararsi a tutti gli scenari possibili, dovrebbero essere prese in considerazione le eventuali conseguenze transfrontaliere non solo di armi tattiche e strategiche ma anche di un attacco alle centrali nucleari ucraine, più volte prese di mira in questi mesi. Accanto alle esercitazioni militari, gli stati europei dovrebbero preparare un piano di risposta il più possibile condiviso per non creare ulteriore confusione e incentrato sulla de-escalation, e su chiare indicazioni di auto-protezione da dare alla popolazione, con particolare riguardo alle necessità dei gruppi più vulnerabili. A questo proposito, va segnalata l’adozione di una  risoluzione del Parlamento Europeo del 6 ottobre scorso, nella quale si richiede  agli stati europei e ai loro partner internazionali di preparare una ‘risposta rapida e decisa qualora la Russia compia un attacco nucleare contro l’Ucraina’. Purtroppo l’invito sembra far riferimento solo ad una reazione di tipo militare, mentre avrebbe potuto contemplare raccomandazioni rivolte alla tutela delle popolazioni eventualmente esposte.

In attesa che gli stati si rendano conto che la deterrenza è diventata una scommessa troppo rischiosa, ogni sforzo inteso al ridimensionamento anche verbale della minaccia nucleare e ad una maggiore trasparenza e preparazione di fronte ad ogni possibile scenario può contribuire ad aumentare la nostra protezione. Uno dei pochi strumenti che abbiamo per ridurre il rischio di catastrofe nucleare è chiedere ai nostri governi di chiarire quali misure stiano adottando per ridurre la minaccia a cui siamo quotidianamente esposti, e che costituisce di per sé una violazione dei nostri diritti fondamentali. (30Science.com)

Silvia Venier
Assegnista di ricerca in Diritto Internazionale della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa