Valentina Di Paola

Scoperti più antichi utensili fabbricati per macellare

(9 Febbraio 2023)

Circa 2,9 milioni di anni fa, i primi antenati umani utilizzavano alcuni dei più antichi strumenti di pietra noti per macellare ippopotami e pestare materiale vegetale. Lo rivela uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati del Museo Nazionale di Storia Naturale dello Smithsonian, del Queens College, della City University of New York, del National Museums of Kenya, della Liverpool John Moores University e del Cleveland Museum of Natural History. Il team, guidato da Thomas Plummer, ha analizzato un insieme di reperti e manufatti risalenti a un periodo compreso tra 2,6 e 3,0 milioni di anni fa, rinvenuti nel sito Nyayanga, nella penisola di Homa, nel Kenya occidentale. Dal 2015, gli scavi hanno permesso di portare alla luce 330 manufatti1.776 ossa di animali e i due molari, appartenenti alla specie di ominidi nota come Paranthropus.

Esempi di uno strumento percussivo Oldowan, nucleo e scaglie dal sito di Nyayanga. (Riga in alto) Strumento a percussione trovato nel 2016. (Seconda riga dall’alto) Nucleo di Oldowan trovato nel 2017. (Righe in basso) Scaglie di Oldowan trovate nel 2016 e 2017. L’analisi dei modelli di usura su 30 degli strumenti di pietra trovati nel sito ha mostrato che erano stati usati per tagliare, raschiare e pestare sia animali che piante. Poiché il fuoco non sarebbe stato imbrigliato dagli ominidi per altri 2 milioni di anni circa, questi fabbricanti di utensili di pietra avrebbero mangiato tutto crudo, forse pestando la carne in qualcosa come una tartare di ippopotamo per renderla più facile da masticare.
CREDITO
TW Plummer, JS Oliver e EM Finestone, Homa Peninsula Paleoantropology Project

Molari di Paranthropus recuperati dal sito di Nyayanga. Il molare superiore sinistro (in alto) è stato trovato sulla superficie del sito e il molare inferiore sinistro (in basso) è stato scavato. A partire dal 2015, una serie di scavi a Nyayanga ha restituito un tesoro di 330 manufatti, 1.776 ossa di animali e i due molari di ominide identificati come appartenenti a Paranthropus, il parente evolutivo stretto della specie umana. I manufatti, ha detto Plummer, facevano chiaramente parte della svolta tecnologica dell’età della pietra che era il toolkit Oldowan. Utilizzando una combinazione di tecniche di datazione, tra cui il tasso di decadimento degli elementi radioattivi, le inversioni del campo magnetico terrestre e la presenza di alcuni animali fossili la cui tempistica nella documentazione fossile è ben stabilita, il team di ricerca è stato in grado di datare gli oggetti recuperati da Nyayanga tra 2,58 e 3 milioni di anni. CREDITO SE Bailey, Progetto paleoantropologico della penisola di Homa

“I denti – spiega Rick Potts, del National Museum of Natural History – costituiscono i più antichi resti fossili della specie mai trovati, e la loro presenza in un sito ricco di strumenti di pietra solleva domande intriganti sugli antenati umani che avrebbero potuto realizzare tali strumenti. Per molto tempo si è pensato che solo il genere Homo avesse acquisito l’abilità di costruire manufatti, ma forse il nostro lavoro potrebbe ribaltare tale concezione”. Attraverso l’analisi dei modelli di usura sugli strumenti, il gruppo di ricerca ha scoperto che gli oggetti venivano utilizzati per lavorare una vasta gamma di alimenti, come piante, carne e midollo osseo. “Gli unici manufatti di pietra più antichi rispetto a questi reperti risalgono a 3,3 milioni di anni fa – aggiunge Potts –  e sono stati rinvenuti nel sito di Lomekwi 3, a ovest del lago Turkana in Kenya. Gli oggetti di Nyayanga, però, dimostrano una raffinatezza superiore, venivano prodotti sistematicamente e spesso modellati utilizzando una tecnica particolare che richiede notevole destrezza”. Il gruppo di ricerca ha inoltre individuato i resti di scheletri incompleti di ippopotami, che mostravano segni di macellazione. Il team ha trovato ossa di antilope che dimostrano una tecnica precisa nella rimozione della carne e nell’estrazione del midollo. “Gli scavi alla base di questo studio – conclude Potts – offrono un’istantanea del mondo abitato dai nostri antenati e ci permettono di comprendere i modi in cui la tecnologia e gli strumenti di pietra abbiano permesso ai primi ominidi di adattarsi a varie esigenze”. (30science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).