(30Science.com) – Roma, 10 ago. – A seguito della drastica riduzione dei casi di infezione da virus respiratorio sinciziale (RSV) e influenza dello scorso anno, dal prossimo autunno potrebbero verificarsi nuovi focolai epidemici, che potrebbero sovrapporsi anche a un nuovo picco di contagi di Covid-19.
Questo il quadro che emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista The Lancet Respiratory Medicine, condotto dagli scienziati dell’Academy of Medical Sciences, che hanno valutato le possibilità di casi di infezione virale per il prossimo autunno.
“Il sistema sanitario – scrivono gli autori – dovrà pianificare un carico elevato di malattie respiratorie”. Gli esperti esortano il governo a effettuare test per influenza, RSV e SARS-CoV-2, e chiedono che il vaccino antinfluenzale venga somministrato a tutte le fasce di popolazione.
L’adozione delle misure di sicurezza indette per arginare la diffusione di Covid-19, sostengono i ricercatori, ha ridotto drasticamente la trasmissione di agenti patogeni respiratori. Gli ospedali in Italia e in Francia, ad esempio, hanno riportato riduzioni di oltre l’80 per cento nel numero di pazienti pediatrici con bronchiolite acuta durante la stagione 2020-21. Australia, Cile e Sudafrica hanno registrato solo 51 casi totali di influenza durante l’inverno dello scorso anno. Negli Stati Uniti, la stagione influenzale 2020-21 è stata la più mite dal 1997, anno in cui iniziano le documentazioni.
“La maggior parte dei bambini contrae l’RSV prima dei due anni – sottolinea Charlotte Summers, dell’Università di Cambridge – con la pandemia moltissimi pazienti pediatrici non sono stati esposti al virus”.
In Inghilterra quasi tutte le restrizioni sono state revocate nel mese di luglio, e Scozia e Galles dovrebbero fare lo stesso a metà agosto, e nella nazione britannica si registra già un aumento di casi di RSV. Il team ha eseguito degli studi di modellazione per valutare l’incidenza degli agenti patogeni in diversi scenari. Una situazione con media ripresa, riportano gli esperti, comporterebbe un focolaio da 1,5 a due volte maggiore rispetto a quanto si verifica normalmente.
“Potrebbe essersi generata una diminuzione dell’immunità all’influenza – ipotizza Summers – e non abbiamo avuto abbastanza casi a livello globale per stabilire le componenti più efficaci del vaccino”. Secondo i ricercatori, pertanto, la mite stagione influenzale 2019-20 nel Regno Unito potrebbe aver ulteriormente ridotto l’immunità della popolazione.
“Non sappiamo come sarà il virus dell’influenza quando si scatenerà la prossima epidemia – sostiene Rachel Baker, dell’Università di Princeton – senza indicazioni governative sulle precauzioni necessarie, relative ad esempio al distanziamento e all’uso delle protezioni individuali, il comportamento dei cittadini giocherà un ruolo primario. Le fasce di popolazione vulnerabile dovrebbero continuare a indossare le mascherine nei luoghi caratterizzati da un’elevata probabilità di contagio”. Altrettanto importante, commentano gli studiosi, sarà l’adesione alle campagne vaccinali antinfluenzali. Lo scorso anno, l’80,9 per cento degli individui al di sopra dei 65 anni ha ricevuto l’immunizzazione per l’influenza, mentre per gli operatori sanitari la percentuale di inoculazioni è stata del 76,8 per cento. “RSV, SARS-CoV-2 e influenza potrebbero circolare contemporaneamente il prossimo anno – conclude Baker – non possiamo sapere cosa accadrà”. (30Science.com)