(30Science.com) – Roma, 6 dic. – “L’obiettivo di questo progetto é quello di fornire allo scienziato una nuova tecnologia sintetica così pratica da rendere la costruzione di una molecola organica concettualmente simile all’assemblamento di una struttura LEGO. L’ovvia conseguenza pratica é la possibilità di preparare miriadi di nuovi composti, che in precedenza erano inaccessibili”. Queste le parole scelte da Mattia Silvi, ricercatore originario di Rieti, 37 anni, che è tra i vincitori dello Starting Grant dello European Research Council (ERC). Lo abbiamo raggiunto alla University of Nottingham dove ha scelto di realizzare il suo progetto di ricerca, che rappresenta una grande sfida per la chimica organica.
Di cosa si occuperà il suo progetto?
La produzione e l’invenzione di nuovi medicinali richiede la sintesi di molecole bioattive con caratteristiche strutturali dettate dalla specifica applicazione. La preparazione di queste molecole con metodologie chimiche tradizionali richiede lunghe vie sintetiche, l’uso di reattivi tossici e catalizzatori costosi, spesso contenenti metalli la cui disponibilità é limitata sulla crosta terrestre. In aggiunta, spesso, queste reazioni danno accesso solo ad una limitata varietà strutturale nelle molecole target. Di conseguenza, l’intero progresso scientifico nell’ambito della chimica medicinale, dell’agrochimica e persino della scienza dei materiali e dei polimeri é attualmente limitato all’invenzione di strutture chimiche relativamente semplici o pratiche da sintetizzare. Lo scienziato non é nemmeno vicino all’accedere a qualsiasi molecola concepisca o immagini “sulla carta”. L’obiettivo di questo progetto é quello di fornire allo scienziato una nuova tecnologia sintetica così pratica da rendere la costruzione di una molecola organica concettualmente simile all’assemblaggio di una struttura LEGO. L’ovvia conseguenza pratica é la possibilità di preparare miriadi di nuovi composti, che in precedenza erano inaccessibili. Trave portante della mia idea é un approccio alternativo alla chimica organica tradizionale, basato sull’uso della luce visibile come “reagente” sostenibile per la modificazione strutturale e selettiva di molecole complesse. Questo progetto avrà un impatto sostanziale in molte aree scientifiche e tecnologiche, incluse la farmacologia, l’agrochimica e la scienza dei materiali, aprendo nuove strade per l’invenzione delle molecole del futuro.
Qual è stato il suo percorso accademico?
Ho studiato all’università Sapienza di Roma. Ho prima ottenuto una laurea in chimica analitica con lode, per poi spostarmi sulla chimica organica, ottenendo una laurea specialistica con lode nel 2011. Mi sono poi spostato in Spagna all’ICIQ (Institute of Chemical Research of Catalonia), Tarragona, dove ho ottenuto un dottorato con lode in chimica organica (2015), portando avanti una parte della mia ricerca negli Stati Uniti (University of Michigan, Ann Arbor, MI). Mi sono poi spostato nel Regno Unito, a Bristol, dove ho continuato a condurre ricerca nel campo della fotochimica organica e della chimica del boro, sostenuto da un prestigioso finanziamento individuale europeo post-dottorale (H2020 Marie Skłodowska-Curie Individual European Fellowship). Nel 2019 ho ottenuto un finanziamento individuale con tenure-track (Nottingham Research Fellowship) che mi ha permesso di fondare il mio gruppo di ricerca alla University of Nottingham. La mia attività di ricerca mi ha poi permesso di ottenere una serie di ulteriori finanziamenti nazionali e internazionali che mi hanno dato la possibilità di creare un ampio programma di ricerca.
Perchè non ha scelto di realizzare il suo progetto in una istituzione di ricerca italiana?
Ormai risiedo da piú di dieci anni all’estero. La ragione é che ho trovato condizioni lavorative e di ricerca favorevoli, che mi hanno dato la possibilità di diventare quello che sono oggi. In generale, sul fatto che l’Italia “sforni” qualità scientifica immensa non c’é alcun dubbio, e statistiche alla mano i ricercatori Italiani sono tra i piú premiati. Per esempio, analizzando i dati di questa ERC StG call, i ricercatori italiani sono secondi solo ai tedeschi (per nazionalità di vincitori), anche se le istituzioni italiane che ospitano questi progetti sono solo seste in “classifica”. Dato che molti ricercatori italiani che ad oggi risiedono all’estero avranno studiato in Italia, questa é una chiara dimostrazione della qualità della formazione fornita dall’Università Italiana (che oltretutto é gratuita!). Purtroppo, forse quello che a chi “se ne va” manca, é la possibilità di accedere a significativi finanziamenti individuali che consentano ai giovani ricercatori di mettersi alla prova in maniera del tutto indipendente, dimostrando la propria qualità (o la propria non-qualità, ovviamente, in caso di fallimento). Questi investimenti individuali sono molto comuni in altri paesi, ma ho l’impressione che siano meno comuni in Italia.(30Science.com)