(30Science.com) – Roma, 8 nov. – Nonostante siano passati tre anni, nella memoria dei veneziani rimangono ancora segni tangibili di quanto accaduto durante la notte del 12 novembre 2019. È ad oggi ancora evidente l’impatto su Venezia, sulla sua popolazione e sul fragile ecosistema lagunare: quell’evento inaspettato ha causato la distruzione di infrastrutture di trasporto, negozi, abitazioni private, monumenti storici, attrezzature, biblioteche e laboratori; ha messo in crisi l’economia e la vivibilità della città e della sua laguna per un lungo periodo.
Grazie agli attuali dispositivi tecnologici è possibile tornare a quei momenti e scoprirne le tracce digitali lasciate dalla comunità, come fotografie, video, chat, audio e messaggi scambiati durante l’evento. Non si tratta solo di conversazioni avvenute in chat private, ma anche di dibattiti pubblici che hanno avuto luogo sui social media, dove le persone si sono rivolte l’una all’altra per chiedere e offrire aiuto.
Dal progetto Aquagranda, che ha portato alla creazione di un archivio digitale unico nel suo genere, con oltre 40mila dati generosamente condivisi da chi ha vissuto in prima persona i 187 cm di acqua alta, il 12 novembre ’19, nasce la seconda edizione della mostra dal titolo « Sulle Acque » a partire dall’archivio digitale creato dalla popolazione e con opere virtuali di ricercatori e artisti.
AquaGranda è un progetto che unisce scienza, arte e cittadinanza. Lanciato il 12 novembre 2020 da Ca’ Foscari, partner del progetto europeo H2020 ODYCCEUS (che ha analizzato come si diffonde il linguaggio dei conflitti culturali in rete, con particolare attenzione ai flussi informativi nei social media) e dal DVRI, il progetto ha realizzato la prima memoria digitale collettiva su di un evento estremo legato al cambiamento climatico. Questo a partire da materiali testuali, fotografici, audio e video identificati e scaricati programmaticamente dal web, ma anche grazie ad un processo di raccolta partecipativo, svoltosi nella Venezia insulare. Un intervento di archeologia del contemporaneo che ha coinvolto attivamente la comunità locale al fine di identificare preziose registrazioni, scatti e materiali multimediali, fino ad allora non pubblicati sul web, catturati dai veneziani tramite i loro telefonini e le loro fotocamere. Il progetto vuole valorizzare queste testimonianze digitali lasciate da coloro che hanno vissuto l’alluvione del 2019. AquaGranda è più di un archivio, è una memoria viva, fatta dai cittadini per i cittadini. È un sistema dinamico, che permette a chiunque di accedere, contribuire e (re)interpretare i contenuti raccolti in relazione a un presente in continua evoluzione.
Nel 2020 i partner del progetto ODYCCEUS hanno interpretato attraverso delle opere digitali, virtuali e in realtà aumentata, grazie anche alla collaborazione con giovani artisti emergenti, il materiale che la popolazione ha condiviso con grande generosità – oltre 40.000 dati. Oggi quell’archivio digitale continua a vivere e ad arricchirsi di dati – con contributi di: ESA, Rai, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, Comune di Venezia, ISPRA, Centro Previsioni e Segnalazioni Maree, CNR ISMAR – ed è diventato protagonista, con le opere che ha ispirato, della mostra Sulle Acque. Se la memoria collettiva digitale AquaGranda ha finora raccolto e sistematizzato le tracce digitali che ci riportano al ricordo di quei momenti, Sulle Acque intende restituire come onde digitali ancora impressionanti, frammenti di un’esperienza mai dimenticata e intrinsecamente legata al fragile ecosistema in cui la città di Venezia si trova ad abitare.
La stessa sede espositiva della mostra, la Chiesa delle Penitenti, è emblema di questa fragilità. Il contrasto tra i segni del tempo derivati dall’acqua alta e l’anima digitale dell’archivio e delle opere ben rappresentano un’epoca in cui la tecnologia regola la nostra vista in modo solo apparente, dal momento che sono gli equilibri naturali – che stiamo sempre più mettendo a rischio – a detenere il vero potere. La mostra invita quindi a riflettere su questi fenomeni in un’ottica ampia, ponendo molte domande su cosa possa voler dire vivere in una zona liminale ad alto rischio ambientale dovuto al cambiamento climatico e in che modo le tecnologie e i social media dialogano con questa complessa e conflittuale realtà.(30Science.com)