Alessandro Berlingeri

Ricerca Italiana: con HUGO scopriremo i lampi gamma agli albori dell’Universo

(14 Ottobre 2022)

(30Science.com) ─ Roma, 14 ott. ─ Un metodo per scovare lontanissimi lampi di raggi gamma, sfruttando osservazioni combinate nella luce visibile e nel vicino infrarosso, è stato presentato da un team internazionale guidato da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). L’idea dei ricercatori è quella di costruire HUGO (High-redshift Universe GRB Observatory), un telescopio specificamente progettato e ideato per dare la caccia a GRB (dall’inglese gamma-ray burst) lontani nello spazio e quindi anche nel tempo, che potrebbero essere avvenuti anche oltre 13 miliardi di anni fa. L’articolo è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy.
I GRB sono fenomeni transienti impulsivi al centro di continue rivoluzioni scientifiche e l’INAF è impegnato sia sul piano osservativo-interpretativo che con la partecipazione a grandi missioni dallo spazio per rilevarli e studiarli.
Ricerche con strumenti sempre più avanzati, come quelle effettuate con il telescopio spaziale James Webb della NASA, hanno permesso di scoprire e studiare galassie sempre più lontane arrivando fino all’alba dell’Universo. Queste galassie, la cui luce appare “arrossata” per effetto dell’espansione dell’Universo (il cosiddetto redshift, o spostamento verso il rosso), sono però molto deboli e difficili da studiare in dettaglio.
Ecco allora che diventano decisivi in queste indagini i lampi gamma, esplosioni che rilasciano getti di materia con velocità prossime a quelle della luce. Si tratta di eventi incredibilmente energetici, che osserviamo come lampi estremamente luminosi nelle frequenze dei raggi gamma, così intensi da sopraffare qualsiasi altra sorgente di alta energia nel cielo. I lampi gamma della durata di qualche secondo o più sono associati all’esplosione di una stella di massa superiore ad almeno una decina di volte quella del Sole, giunta alla fine del suo ciclo evolutivo. Dopo la fase esplosiva iniziale, i GRB sono caratterizzati da una fase di declino, della durata di qualche giorno, chiamata afterglow, durante la quale sovrastano in luminosità la galassia che li ospita anche di 100 volte.
“Questa tecnica permette di puntare il dito in cielo e dire a tutti i grandi strumenti presenti e futuri (JWST, ELT, SKA, Athena): guardate là, in quel punto esatto c’è una delle prime galassie ‘normali’ che si sia formata nell’Universo lontano”, ha spiegato Sergio Campana, primo autore dell’articolo e ricercatore presso l’INAF di Milano. (30Science.com)

Alessandro Berlingeri
Adoravo parlare di Fantascienza con mia madre prima di dormire e tirar fuori strane teorie anziché ascoltare le favole della buonanotte. La conseguenza? Una laurea in Fisica all’Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" con una tesi sui “Metodi per la Ricerca di Pianeti Extrasolari”. Mi dedico dal 2008 alla Divulgazione Scientifica ovunque sia possibile, nelle scuole, in grandi eventi pubblici, in musei, in grandi strutture scientifiche di Roma, radio, televisione, internet.. ovunque! Ho affiancato il tutto alle mie passioni di tutta una vita: il nuoto, la musica, il cinema ed ogni sfaccettatura nerd che si possa immaginare.