Gianmarco Pondrano d'Altavilla

La futura rete europea di rifornimento dell’idrogeno rischia di causare perdite annuali per milioni di euro

(7 Luglio 2025)

Roma – La nascente rete europea di stazioni di rifornimento a idrogeno (H2) potrebbe star sorgendo in modo non adeguato alla domanda, rischiando di generare perdite annuali per milioni di euro. E’ quanto emerge da un nuovo studio guidato dalla Chalmers University of Technology in Svezia e pubblicato sull’International Journal of Hydrogen Energy. Entro il 2030, i paesi dell’UE dovranno costruire stazioni di rifornimento di idrogeno almeno ogni 200 chilometri sulle strade principali e una in ogni nodo urbano. L’obiettivo è facilitare l’introduzione dei trasporti a idrogeno. Questo è disciplinato dal Regolamento sulle Infrastrutture per i Combustibili Alternativi ( AFIR) , entrato in vigore nel 2023. Tuttavia, lo studio della Chalmers basato sui dati di 600.000 rotte merci in tutta Europa, mostra che in molti casi i requisiti non riflettono la domanda effettiva.

Modellando il funzionamento dei camion a lungo raggio alimentati a idrogeno nel 2050, i ricercatori mostrano non solo dove la domanda di infrastrutture per l’idrogeno sarà più elevata, ma anche come le attuali normative UE rischino di causare ingenti perdite in alcuni Paesi. Joel Löfving, dottorando presso il Dipartimento di Meccanica e Scienze Marittime della Chalmers ha affermato: “Il diritto dell’UE si basa sulla distanza, ma i volumi di traffico variano anche per altri aspetti da paese a paese. Secondo il nostro modello, la capacità in Francia dovrà essere sette volte superiore nel 2050 rispetto a quella richiesta dall’UE entro il 2030. Di conseguenza, l’implementazione nell’ambito dell’AFIR rappresenta un primo passo, ma dovrà essere integrata”. Al contrario, Paesi come Bulgaria, Romania e Grecia non hanno gli stessi flussi di traffico e saranno costretti a costruire infrastrutture che difficilmente verranno utilizzate nella stessa misura. Ciò potrebbe comportare decine di milioni di euro all’anno in investimenti e costi operativi per capacità inutilizzata. Oltre a tenere conto dei volumi di traffico e delle distanze, lo studio Chalmers include dati topografici dell’Agenzia Spaziale Europea. Un’importante intuizione è che la conformazione geografica gioca un ruolo maggiore nella domanda di energia di quanto si pensasse in precedenza. Joel Löfving ha affermato: “Molti modelli utilizzano un fabbisogno energetico medio per chilometro per i camion. Ma il profilo del fabbisogno cambia notevolmente se si includono parametri come pendenza e velocità. Questo fornisce una base più precisa per determinare dove l’infrastruttura potrebbe essere effettivamente necessaria”. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla