Roma – Anche le aree marine a protezione integrale (API) del Brasile, quelle teoricamente maggiormente difese contro l’intervento dell’uomo, stanno subendo una grave contaminazione da microplastiche. E’ quanto emerge da un nuovo studio portato avanti da scienziati brasiliani e australiani e pubblicato su Environmental Research . Ítalo Braga , coordinatore della ricerca, ha dichiarato: “Il nostro studio ha dimostrato che la contaminazione da microplastiche si verifica anche nelle aree con i più rigidi vincoli di protezione ambientale. Ad esempio, nell’Atol das Rocas, dove non c’è attività economica e ai turisti non è consentito l’accesso. Le microplastiche possono raggiungere luoghi come questi trasportate dal vento o dalle correnti oceaniche”. Le microplastiche sono particelle di dimensioni comprese tra 1 micron (1 μm) e 5 millimetri (5 mm), derivanti dalla frammentazione di plastiche più grandi o prodotte direttamente in questo formato per uso industriale o cosmetico. Quelle rilevate nello studio presentavano caratteristiche costanti lungo la costa brasiliana: prevalentemente nere, bianche o trasparenti, e di dimensioni inferiori a 1 millimetro. L’analisi chimica ne ha identificato il 59,4 per cento, i cui componenti principali sono: polimeri alchidici (28,1 per cento), utilizzati in pitture e vernici, probabilmente provenienti da imbarcazioni; cellulosa (21 per cento), che può essere di origine naturale (plancton, alghe, piante marine e vegetazione terrestre) o di origine antropica (carta, cartone, scarti alimentari, ecc.); polietilene tereftalato (PET) (14 per cento), comunemente presente negli imballaggi in plastica e nelle fibre sintetiche, rilasciato dal bucato e trasportato in mare dai deflussi urbani; e politetrafluoroetilene (PTFE o Teflon) (12,3 per cento), presente nei rivestimenti antiaderenti e industriali. Il restante 40,6 per cento non è stato individuato. La ricerca ha dimostrato la presenza di microplastiche in 10 API brasiliane, con una concentrazione media di 0,42 ± 0,34 particelle per grammo di tessuto umido. Tra le aree studiate, la contaminazione più elevata è stata registrata nella Riserva Naturale dell’Arcipelago di Alcatrazes, con 0,90 ± 0,59 particelle per grammo, mentre la concentrazione più bassa è stata riscontrata nella Riserva Biologica dell’Atol das Rocas, con 0,23 particelle per grammo. Gli studiosi hanno utilizzato molluschi bivalvi (ostriche e cozze) come organismi sentinella per valutare la contaminazione. “La sola creazione di Aree Marine Protette – conclude Braga – non è sufficiente a fermare l’inquinamento. È essenziale che queste aree siano gestite in modo efficiente e sottoposte a controlli rigorosi. Ma anche questo non basta se consideriamo che le microplastiche potrebbero non essere generate localmente, ma trasportate da lontano dall’atmosfera e dalle correnti oceaniche. Per mitigare questo fenomeno, solo misure globali, come il Trattato Globale sulla Plastica, attualmente in fase di negoziazione e sviluppo sotto il coordinamento del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente [ UNEP ], possono fare la differenza”.(30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla
Brasile, le aree marine protette sono gravemente contaminate dalle microplastiche
(27 Maggio 2025)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla