Roma – Test di imaging avanzato, analisi del sangue e del liquido spinale possono rivelare dei cambiamenti cerebrali associati alla malattia di Huntington circa vent’anni prima della diagnosi. Questo incoraggiante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, condotto dagli scienziati dell’University College di Londra, dell’Università di Glasgow, dell’Università di Goteborg, dell’Università dell’Iowa e dell’Università di Cambridge. Il team, guidato da Sarah Tabrizi e Rachael Scahill, ha scoperto dei sottili cambiamenti nel cervello che si verificano circa vent’anni prima della comparsa dei primi sintomi della malattia di Huntington. Questi risultati accendono la speranza di riuscire a sviluppare nuovi interventi di prevenzione, diagnosi e trattamento per questa condizione genetica neurodegenerativa, che colpisce il movimento, il pensiero e il comportamento. La malattia di Huntington, spiegano gli esperti, si manifesta quando una determinata sequenza di materiale genetico tende a espandersi continuamente in alcune cellule, rendendo le cellule cerebrali più vulnerabili. Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno esaminato 57 persone affette da questa problematica, valutando i risultati in due momenti nell’arco di circa cinque anni, per ricostruire i cambiamenti nel corpo e nel cervello dei pazienti. I risultati sono stati confrontati con i dati associati a 46 persone del gruppo di controllo. Nei soggetti con malattia di Huntington, riportano gli autori, sono emersi cambiamenti lievi nelle scansioni cerebrali e nei biomarcatori del liquido spinale. Questi risultati, commentano gli autori, suggeriscono che il processo neurodegenerativo inizia molto prima che i sintomi siano evidenti e prima di una diagnosi motoria clinica. “Il nostro lavoro – afferma Tabrizi – sottolinea l’importanza dell’espansione della ripetizione somatica che guida i primi cambiamenti neuropatologici della malattia negli esseri umani con l’espansione del gene della malattia di Huntington. I risultati suggeriscono che esiste una finestra di trattamento, potenzialmente decenni prima che si presentino i sintomi, in cui le persone a rischio possono essere trattati”. L’identificazione dei marcatori precoci, precisano gli autori, è essenziale per la definizione dei futuri studi clinici, al fine di determinare l’efficacia dei potenziali trattamenti. “I dati – sostiene Scahill – forniscono prove cruciali a sostegno dell’ipotesi che l’espansione della ripetizione somatica sia un fattore chiave della neurodegenerazione. Con trattamenti volti a sopprimere questo processo, potremmo individuare un approccio efficace per contrastare la malattia in una fase precoce”. (30Science.com)
Valentina Arcovio
Malattia di Huntington: scoperti marcatori “visibili” 20 prima dei sintomi
(17 Gennaio 2025)
Valentina Arcovio