Francesca Morelli

In cima alle montagne dell’Oregon trovata una falda acquifera

(13 Gennaio 2025)

Roma – Scoperta una enorme falda acquifera sepolta sulle vette delle montagne Cascade Range (Catena delle Cascate) dell’Oregon, Stati Unti. Questo complesso roccioso era già sotto osservazione, in quando si presume possa contenere giacimenti di oro, ed oggi potenzialmente custode anche di un’altra preziosissima risorsa: l’acqua. È quanto sostengono, in uno studio pubblicato oggi su PNAS alcuni scienziati dell’University of Oregon dopo avere mappato la quantità di acqua immagazzinata sotto le rocce vulcaniche sulla cresta delle Cascade centrali dell’Oregon, trovando una falda acquifera di dimensioni enormi: almeno 81 chilometri cubi, 810000000000000.000 dL, un numero incalcolabile, ben superiore alle stime attese, pari a quasi tre volte la capacità massima del lago Mead, il bacino lungo il fiume Colorado attualmente in esubero che fornisce acqua a California, Arizona e Nevada, e a più della metà del volume del lago Tahoe. La scoperta potrà avere forti implicazioni per la gestione della risorsa idrica nella regione: un problema sempre più urgente negli Stati Uniti occidentali, in quanto il cambiamento climatico sta riducendo il manto nevoso, intensificando la siccità, mettendo a dura prova le risorse limitate. La scoperta inoltre migliora anche la comprensione dei pericoli vulcanici nella zona. Il magma che interagisce con molta acqua è spesso causa di eruzioni improvvise e di alta portata che rilanciano cenere e gas nell’aria, piuttosto che eruzioni con flussi di lava più lenti. “L’esistenza di grandi falde acquifere vulcaniche a nord del Columbia River Gorge e vicino al Monte Shasta rende probabilmente la Cascade Range la più grande falda acquifera del suo genere al mondo” ha dichiarato Leif Karlstrom, specialista in scienze della terra alla University of Oregon e alla guida dello studio. La maggior parte degli abitanti dell’Oregon fa affidamento sull’acqua che proviene dalle Cascade: ad esempio, il fiume McKenzie, che fornisce la maggior parte dell’acqua potabile ad Eugene, città dell’Oregon, nasce sulle montagne presso il Clear Lake, alimentato da sorgenti. “Inizialmente abbiamo voluto comprendere come il paesaggio delle Cascade si è evoluto nel tempo e come l’acqua si muova al suo interno, ricavando informazioni importanti tra cui l’incredibile volume di acqua in riserva attiva nelle Cascade e il legame che unisce il movimento dell’acqua e i pericoli correlati ai vulcani”, ha affermato il coautore dello studio Gordon Grant, geologo del Forest Service. Le Cascade occidentali sono caratterizzate da pendii ripidi e profonde valli scavate dai fiumi. Le alte Cascade, invece, sono più piatte, punteggiate da laghi e topografia vulcanica come i flussi di lava. La Cascade Range si è, infatti, formata dall’attività vulcanica nel corso di milioni di anni, rendendo le rocce esposte nelle alte Cascade molto più giovani di quelle nelle Cascade occidentali. Di conseguenza, la zona di transizione tra le Cascade occidentali e le alte Cascade attorno al Santiam Pass, un passo delle Cascade, è un laboratorio naturale per comprendere come i vulcani hanno modellato il paesaggio dell’Oregon ed anche i diversi movimenti dei flussi d’acqua. Lo studio dei flussi dell’acqua attraverso le diverse zone vulcaniche si è basato su progetti iniziati negli anni ’80 e ’90 in cui il terreno era stato perforato a diverse profondità, misurando le specifiche temperature al fine di identificare possibili risorse di energia geotermica associate alle numerose sorgenti termali che punteggiano il paesaggio delle Cascate. Normalmente, le rocce diventano più calde man mano che si scende in profondità nella terra, tuttavia l’acqua che filtra verso il basso interrompe il gradiente di temperatura, rendendo le rocce localizzate alla profondità di un chilometro della stessa temperatura di quelle in superficie. Riuscendo poi a determinare grazie a queste diverse perforazioni, dove la temperatura inizia a salire di nuovo, i ricercatori hanno potuto dedurre la profondità di infiltrazione delle falde acquifere tramite le crepe nelle rocce vulcaniche, potendo mappare il volume acquifero. Si ritiene tuttavia che la stima sia inferiore al reale, in quanto le iniziali perforazioni non erano stato eseguite a questo scopo, presentando potenziali limiti, anche in termini di calcolo. Inoltre va considerato il fatto che il bacino acquifero è in gran parte rifornito dalla neve, ma si prevede che il manto nevoso nelle alte Cascate possa diminuire rapidamente nei prossimi decenni, a causa di maggiori precipitazioni piovose che potrebbero influire sulla quantità di ricarica che alimenta l’acquifero delle alte Cascate. Mentre è probabile che il bacino sia inizialmente resiliente a piccole fluttuazioni, anni consecutivi di scarse precipitazioni o di assenza di manto nevoso potrebbero portare a scenari diversi che dovranno essere esplorati con nuovi studi.(30Science.com)

Francesca Morelli