Valentina Di Paola

Alcune cellule somigliano più a mamma e altre a papà

(3 Gennaio 2025)

Roma – Un gene ogni 20 all’interno delle cellule umane può inattivare la copia materna o paterna, mostrando una preferenza nell’espressione di una copia rispetto all’altra, il che può influenzare la manifestazione di alcune malattie. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, condotto dagli scienziati della Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons. Il team, guidato da Dusan Bogunovic, ha scoperto che l’espressione monoallelica, in cui una cellula esprime preferenzialmente una copia di un gene ereditato da un genitore, può influenzare la manifestazione di errori congeniti dell’immunità. Ogni cellula del nostro corpo, spiegano gli esperti, contiene due copie di ogni gene, acquisite da ciascun genitore, e ogni copia svolge un ruolo simile all’interno della cellula. Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno esaminato alcune cellule immunitarie di persone comuni. L’analisi ha mostrato che le cellule avevano inattivato la copia materna o paterna per uno su 20 geni utilizzati dalla cellula. “Ciò suggerisce – afferma Bogunovic – che nel nostro DNA c’è più plasticità di quanto pensassimo. In altre parole, ogni 20esimo gene ci possono essere degli squilibri genetici, con meno materiale genetico da parte di uno dei due genitori. Tale fenomeno può manifestarsi in modo diverso nei globuli bianchi rispetto alle cellule renali, e potrebbe anche cambiare nel tempo”. Il lavoro spiega un enigma di vecchia data in medicina, legato alla motivazione per cui alcune persone ereditano una mutazione che provoca una malattia e manifestano meno sintomi rispetto ad altre con la stessa mutazione. “In molte malattie – afferma Bogunovic – il 90 per cento delle persone portatrici di una mutazione si ammala, mentre nel 10 per cento dei casi non compare alcun sintomo. Per i diversi disturbi genetici che abbiamo analizzato, la copia che causava la malattia aveva maggiori probabilità di essere attiva nei pazienti malati e soppressa nei parenti sani che avevano ereditato gli stessi geni”. Sebbene il lavoro attuale abbia esaminato solo le cellule immunitarie, i ricercatori spiegano che il bias selettivo per la copia materna o paterna di un gene ha interessato più dei soli geni correlati al sistema immunitario. Il fenomeno potrebbe aiutare a spiegare le malattie con riacutizzazioni, come il lupus, o quelle che emergono in seguito a fattori scatenanti ambientali. “Se riuscissimo a identificare i meccanismi alla base dell’inattivazione genetica selettiva – conclude Bogunovic – potremmo essere in grado di trattare le malattie genetiche in modo nuovo. Anche se tali strategie sono ancora molto lontane dalla pratica clinica, gli strumenti per manipolare le colture cellulari sono disponibili. Dobbiamo continuare a studiare per comprendere tali meccanismi”. (30Science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).