Lucrezia Parpaglioni

Mappata storia genetica del virus dell’epatite E negli animali

(10 Dicembre 2024)

Roma –  Mappata la storia genetica del virus dell’epatite E. negli animali, con gli ungulati, classe a cui appartengono i più grandi mammiferi selvatici, come lo stambecco, il camoscio, il cervo, il capriolo, il cinghiale e il muflone, sono risultati essere i principali serbatoi delle infezioni umane da virus dell’epatite E. A rivelarlo uno studio guidato da Jan Felix Drexler, dell’Istituto di virologia dell’Ospedale universitario della Charité, riportato su Proceedings of the National Academy of Sciences. Tuttavia, le infezioni da epatite E trasmesse dai ratti negli esseri umani suggeriscono un possibile ruolo dei roditori nell’evoluzione virale.


Il gerboa settentrionale a tre dita (Dipus sagitta) ospita gli antenati del virus dell’epatite E umana.
Credito
Leonid Lavrenchenko

Per scoprire la genealogia della famiglia di virus Hepeviridae, Drexler e colleghi hanno cercato geni epevirali, tra i dati genomici disponibili al pubblico, di primati, roditori, ungulati, pipistrelli e toporagni. La ricerca ha recuperato quattro hepevirus geneticamente divergenti in roditori e pipistrelli. Successivamente, gli autori hanno analizzato 2.565 campioni di fegato di 108 specie di roditori e toporagni, campionati da regioni poco studiate in Africa, Asia e America Latina e hanno trovato RNA epevirale in 63 dei campioni che rappresentano 14 specie. Insieme, l’elaborazione dei dati e il lavoro sul campo hanno prodotto 24 genomi epevirali quasi completi, di roditori, toporagni e pipistrelli. I roditori hanno mostrato di ospitare la più grande diversità di hepevirus. L’analisi evolutiva dei genomi hepevirali ha rivelato che il virus dell’epatite E associato all’uomo ha probabilmente avuto origine in animali ungulati come suini o camelidi e più distantemente in piccoli mammiferi come i roditori. I dati hanno anche indicato che gli hepevirus che hanno cambiato ospite hanno avuto origine prevalentemente nei roditori. I risultati possono offrire sostegno per ottimizzare i modelli per studiare l’epatite E, che causa più di 40.000 decessi umani ogni anno. Secondo gli autori, i risultati possono aiutare la sorveglianza per il potenziale spillover, ovvero la fuoriuscita di un virus da una specie “serbatoio”, in cui esso abitualmente circola, verso una nuova specie “ospite” in cui esso può morire oppure adattarsi fino a innescare epidemie, di virus simili all’epatite E trasmessi dai roditori negli esseri umani. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.