Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Impianti fotovoltaici e uliveti più produttivi se messi assieme

(22 Novembre 2024)

Roma – Mettere assieme impianti fotovoltaici e uliveti a siepe aumenta la produzione di entrambi. E’ quanto emerge da uno studio guidato dall’Università di Cordova e pubblicato sul Journal of Cleaner Production. La costruzione di impianti fotovoltaici su terreni tradizionalmente destinati all’agricoltura genera da anni discussioni e controversie. In un mondo che chiede sempre più energia pulita, ma anche cibo, è emersa la possibilità di combinare entrambe le attività in modo che, anziché competere, possano completarsi a vicenda. Questa è la tecnologia “agrivoltaica”, che esplora le possibilità di integrare collettori solari nelle piantagioni agricole, generando così energia senza sacrificare la produzione agricola. Il team dell’Università di Cordoba ha ora sviluppato un modello per testare l’integrazione di impianti fotovoltaici, disposti in file, in una piantagione di ulivi a siepe. La loro conclusione è che le attività possono non solo coesistere, ma che la loro produttività combinata è in realtà maggiore; una situazione vantaggiosa per tutti. Il progetto è frutto del lavoro di cinque ricercatori, membri di due gruppi di ricerca: Marta Varo Martínez, Luis Manuel Fernández de Ahumada e Rafael López Luque, del gruppo Fisica per le energie rinnovabili e le risorse; e Álvaro López Bernal e Francisco Villalobos, del gruppo Relazioni suolo-acqua-piano, dell’Unità di eccellenza María de Maeztu, del Dipartimento di agronomia. Il team spiega che modelli di simulazione come quello sviluppato sono strumenti molto potenti nella ricerca perché consentono di testare l’efficacia di un’idea prima di metterla in pratica nel “mondo reale” con il conseguente risparmio di costi e tempi. In questo caso, modelli che simulano la produzione di olio da parte di una piantagione di ulivi a siepe sono stati combinati con altri che consentono di prevedere come i collettori solari, disposti in file, intercettano la radiazione e la convertono in energia elettrica. Se l’obiettivo finale è ottimizzare il più possibile l’uso del suolo, questo modello ha dimostrato che l’agrivoltaico funziona. La conclusione principale dello studio è che la produzione congiunta è più efficiente di quanto non lo sarebbe separatamente. In una sorta di mutualismo, entrambe le attività traggono vantaggio dall’altra: la produzione agricola, dall’ombreggiatura prodotta dai collettori solari, che fungono anche da frangivento, senza competere per l’acqua disponibile; e la produzione fotovoltaica, dalla riduzione della temperatura dei collettori solari come risultato dell’evapotraspirazione delle piante. Come spiegano i ricercatori, il modello sviluppato consente di testare diverse combinazioni di collettori, variandone altezze e larghezze, e la spaziatura tra le file, analizzando ogni configurazione per scegliere il design finale più vantaggioso. Sebbene nella maggior parte degli scenari studiati i risultati siano positivi, ci sono molti fattori di cui bisogna tenere conto. Ad esempio, lo studio dimostra che densificare l’uso del terreno, restringere le file e aumentare larghezza e altezza dei collettori, favorisce un uso più efficiente della radiazione da parte dei collettori solari e delle siepi degli uliveti, ma la conseguente riduzione dello spazio libero potrebbe ostacolare alcune operazioni di gestione degli uliveti, o l’accesso da parte di macchinari agricoli. La chiave, come in ogni simbiosi, è l’equilibrio. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla