Roma – Il vaccino neoantigenico a DNA sembra proteggere efficacemente dal cancro al seno e le sue recidive, rappresentando un’alternativa promettente per i pazienti con questa forma oncologica. Questo incoraggiante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Genome Medicine, condotto dagli scienziati della Washington University School of Medicine di St. Louis. Il team, guidato da William E. Gillanders, Obi Griffith e Malachi Griffith, ha riportato i risultati di una sperimentazione clinica di fase I, presso il Siteman Cancer Center. Gli autori hanno coinvolto 18 pazienti a cui era stato diagnosticato un tumore al seno non metastatico. Ogni partecipante ha ricevuto le cure standard e tre dosi di vaccino personalizzato, studiato per concentrarsi sulle mutazioni chiave del tumore, riconoscerle e contrastarle. Dopo il trattamento, riportano gli studiosi, 14 individui hanno mostrato risposte immunitarie al vaccino, e 16 sono rimasti liberi dal cancro. La sperimentazione è stata progettata per valutare la sicurezza dell’approccio, per cui non ha incluso un gruppo di controllo per verificarne l’efficacia. I ricercatori hanno però analizzato i dati storici di pazienti con tipologie simili di tumori e il tasso di recidiva in questa popolazione era di circa il 50 per cento. “I risultati sono migliori di quanto ci aspettassimo – commenta Gillanders – e indicano che il vaccino è ben tollerato e stimola efficacemente il sistema immunitario. Ovviamente, sarà necessario condurre ulteriori approfondimenti, ma per ora i dati preliminari sono molto incoraggianti”. Il cancro al seno triplo negativo è un tipo di tumore aggressivo che cresce anche in assenza dell’attività ormonale che guida la crescita di altri tipi di cancro al seno. Ad oggi, non esistono terapie mirate, e viene trattato con approcci tradizionali che includono chirurgia, chemioterapia e radioterapia. Nell’ambito dell’indagine, gli autori hanno considerato idonei i soggetti con tumore al seno triplo negativo con residui presenti a seguito del primo ciclo di chemioterapia. Considerati ad alto rischio di recidiva, questi pazienti sono associati a mutazioni uniche e riconoscibili. Grazie a un software progettato per l’occasione, gli scienziati hanno selezionato i neoantigeni, le proteine alterate prodotte dai singoli pazienti che avrebbero potuto innescare una forte risposta immunitaria. Il vaccino conteneva da un minimo di quattro a un massimo di 20 neoantigeni per ogni partecipante. Il gruppo di autori ha pubblicato un articolo sulla stessa rivista per descrivere gli strumenti software e le loro potenziali applicazioni. Queste risorse computazionali, sostengono gli esperti, potrebbero rivelarsi estremamente utili nella progettazione di vaccini contro il cancro. “Si tratta di algoritmi complessi – commenta Malachi Griffith – ma in generale il software prende un elenco di mutazioni e le interpreta nel contesto del loro potenziale come candidati neoantigeni. Gli strumenti classificano i possibili neoantigeni in base alle nostre attuali conoscenze su ciò che conta nello stimolare il sistema immunitario ad attaccare le cellule tumorali”. “Siamo molto incoraggiati da questi risultati preliminari – conclude Gillanders – speriamo di poter ottimizzare al meglio questo tipo di tecnologia vaccinale e di contribuire così a migliorare i risultati del trattamento nei pazienti con tumori aggressivi”. (30Science.com)