Lucrezia Parpaglioni

IA scopre più casi di Long-COVID dalle cartelle cliniche dei pazienti

(11 Novembre 2024)

Roma – Sviluppato un algoritmo di intelligenza artificiale per identificare i sintomi del Long-COVID, monitorare il modo in cui i diversi sintomi si manifestano nel tempo ed eliminare spiegazioni alternative per i sintomi dei pazienti. A farlo i ricercatori del Mass General Brigham. Nello studio, descritto su Med, gli scienziati hanno sviluppato uno strumento basato sull’intelligenza artificiale per setacciare le cartelle cliniche elettroniche e aiutare i medici a identificare i casi di Long-COVID, una condizione spesso misteriosa che può comprendere una serie di sintomi persistenti, tra cui affaticamento, tosse cronica e annebbiamento mentale dopo l’infezione da SARS-CoV-2. I risultati potrebbero identificare più persone che dovrebbero ricevere cure per questa condizione potenzialmente debilitante. Il numero di casi identificati suggerisce anche che la prevalenza del Long-COVID potrebbe essere notevolmente sottovalutata. “Il nostro strumento di intelligenza artificiale potrebbe trasformare un processo diagnostico nebuloso in qualcosa di nitido e mirato, dando ai medici il potere di dare un senso a una condizione difficile”, ha affermato Hossein Estiri, responsabile della ricerca sull’intelligenza artificiale presso il Center for AI and Biomedical Informatics of the Learning Healthcare System, CAIBILS, presso il Mass General Brigham e professore associato di medicina presso la Harvard Medical School. “Con questo lavoro, potremmo finalmente essere in grado di vedere il Long-COVID per quello che è veramente e, cosa ancora più importante, come trattarlo”, ha continuato Estiri, autore senior dello studio. Il Long-COVID include un’ampia gamma di sintomi. Ai fini del loro studio, Estiri e colleghi lo hanno definito come una diagnosi che è anche associata all’infezione. Ciò significa che la diagnosi non poteva essere spiegata nella cartella clinica unica del paziente e doveva anche essere associata a un’infezione da COVID. Inoltre, la diagnosi doveva essere persistita per 2 mesi o più in una finestra di follow-up di 12 mesi. L’algoritmo utilizzato nello strumento di intelligenza artificiale è stato sviluppato estraendo dati dei pazienti de-identificati dalle cartelle cliniche di circa 300.000 pazienti in 14 ospedali e 20 centri sanitari comunitari nel sistema Mass General Brigham. Invece di dover fare affidamento su un singolo codice di diagnosi, l’intelligenza artificiale ha utilizzato un nuovo metodo sviluppato da Estiri e colleghi, chiamato “fenotipizzazione di precisione”, che esamina le singole cartelle per identificare sintomi e condizioni collegate al COVID-19 e per tracciare i sintomi nel tempo al fine di differenziarli da altre malattie. Ad esempio, l’algoritmo può rilevare se la mancanza di respiro può essere il risultato di condizioni preesistenti come insufficienza cardiaca o asma piuttosto che di un Long-COVID. Solo quando ogni altra possibilità è stata esaurita, lo strumento contrassegna il paziente come affetto da Long-COVID. “I medici si trovano spesso a dover districarsi in una rete intricata di sintomi e anamnesi, senza sapere quali fili tirare, mentre bilanciano carichi di lavoro intensi; avere uno strumento basato sull’intelligenza artificiale che può farlo metodicamente e per loro potrebbe cambiare le carte in tavola”, ha affermato Alaleh Azhir, del Brigham Women’s Hospital, membro fondatore del sistema sanitario Mass General Brigham e coautore principale. Le diagnosi incentrate sul paziente fornite da questo nuovo metodo potrebbero anche aiutare ad alleviare i pregiudizi insiti nelle attuali diagnosi per il Long-COVID, secondo i ricercatori, che hanno notato che i pazienti diagnosticati con il codice diagnostico ICD-10 ufficiale per il Long-COVID tendono a essere quelli con un accesso più facile all’assistenza sanitaria. Mentre altri studi diagnostici hanno suggerito che circa il 7% della popolazione soffre di Long-COVID, questo nuovo approccio rivela una stima molto più alta: il 22,8%. Gli autori hanno affermato che questa cifra si allinea più da vicino con le tendenze nazionali e dipinge un quadro più realistico del pedaggio a lungo termine della pandemia. I ricercatori hanno determinato che il loro strumento era circa il 3% più accurato di quanto catturano i codici ICD-10. In particolare, il loro studio ha dimostrato che gli individui da loro identificati come affetti Long-COVID rispecchiano la più ampia composizione demografica del Massachusetts, a differenza degli algoritmi Long-COVID che si basano su un singolo codice diagnostico o su incontri clinici individuali, distorcendo i risultati verso determinate popolazioni come quelle con maggiore accesso alle cure. “Questa portata più ampia garantisce che le comunità emarginate, spesso messe da parte negli studi clinici, non siano più invisibili”, ha dichiarato Estiri. I limiti dello studio e dello strumento di intelligenza artificiale includono il fatto che i dati della cartella clinica utilizzati nell’algoritmo per tenere conto dei sintomi lunghi del COVID potrebbero essere meno completi di quelli catturati dai medici nelle note cliniche post-visita. Un altro limite è che l’algoritmo non ha catturato il possibile peggioramento di una condizione precedente, che potrebbe essere stato un sintomo lungo del COVID. Ad esempio, se un paziente avesse avuto la BPCO e i suoi episodi precedenti sarebbero peggiorati prima che sviluppasse il COVID-19, l’algoritmo avrebbe potuto rimuoverli anche se i suoi sintomi persistenti erano un indicatore del Long-COVID. Il calo della quantità di test per il COVID-19 negli ultimi anni rende anche difficile identificare quando un paziente potrebbe aver contratto per la prima volta il COVID-19. Lo studio era anche limitato ai pazienti del Massachusetts. Studi futuri potrebbero esplorare l’algoritmo in coorti di pazienti con condizioni specifiche, come la BPCO o il diabete. I ricercatori hanno anche in programma di rilasciare questo algoritmo pubblicamente su libero accesso, dove i medici e i sistemi sanitari a livello globale possono utilizzarlo nelle loro popolazioni di pazienti. Oltre ad aprire le porte a una migliore assistenza clinica, questo lavoro potrebbe gettare le basi per future ricerche sui fattori genetici e biochimici alla base dei vari sottotipi del Long-COVID. “Le domande sul vero peso del Long-COVID, domande che finora sono rimaste elusive, ora sembrano più a portata di mano”, ha concluso Estiri. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.