Roma – Negli Stati Uniti il benessere individuale misurato in base alla durata della vita, all’istruzione e al reddito è associato a notevoli disparità tra i diversi sottogruppi di popolazione. Lo rivela uno studio, pubblicato sulla rivista The Lancet dagli scienziati dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME). Il team, guidato da Christopher JL Murray, ha condotto un’analisi unica nel suo genere per valutare il modo in cui il benessere è influenzato dai parametri che si utilizzano per misurarlo. Stando a quanto emerge dall’indagine, gli uomini caucasici costituiscono la quota maggiore del gruppo con il benessere più basso, mentre gli individui nativi americani e dell’Alaska e gli uomini di colore affrontano le sfide più significative per quanto riguarda il benessere generale. I risultati suggeriscono inoltre che le popolazioni con i livelli di benessere più bassi negli Stati Uniti sono particolarmente concentrate nel Sud, negli Appalachi e nella Rust Belt. Nell’ambito del lavoro, i ricercatori hanno adattato l’indice di sviluppo umano (HDI) per esaminare tendenze e disuguaglianze a livello individuale piuttosto che di gruppo dal 2008 al 2021. Questo parametro, validato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), rappresenta un indicatore di benessere composto da durata della vita, istruzione e reddito e una misurazione statistica dei valori medi di tali ambiti di un paese. Gli autori hanno utilizzato i dati dell’American Community Survey (ACS) per stimare gli anni di istruzione e la spesa delle famiglie, combinati con stime dell’aspettativa di vita basate sui registri dei decessi, per calcolare la durata di vita prevista. Sebbene l’ISU medio sia aumentato gradualmente dal 2008 al 2019 per tutti i gruppi demografici, con un calo nel 2020 dovuto alla pandemia, sono state osservate notevoli disparità in base all’etnia e al genere sessuale. In particolare, uomini e donne nativi americani e dell’Alaska, i maschi di colore o latini sono associati a probabilità di sperimentare i livelli più bassi di benessere nella nazione, mentre i valori più alti sono più comuni tra donne caucasiche e individui asiatico-americani. Tra i maschi nativi americani e dell’Alaska, uno su due rientrava nel 10 per cento di popolazione con l’ISU più basso, mentre circa una su quattro femmine native americane e dell’Alaska e solo l’8 per cento degli uomini caucasici appartenevano a questo segmento. Lo studio ha inoltre evidenziato nette differenze geografiche nella distribuzione dell’HDI all’interno della popolazione statunitense, con le persone che vivono in parti degli Stati Uniti meridionali, degli Appalachi e degli stati della Rust Belt associate a un valore significativamente più basso del benessere. “Il nostro lavoro – afferma Murray – sottolinea l’urgente necessità di azione da parte di decisori politici, educatori ed esperti di sanità pubblica. I risultati evidenziano l’importanza di sviluppare programmi sociali altamente mirati per smantellare le disuguaglianze strutturali radicate negli Stati Uniti”. Anche la fascia d’età sembrava influenzare notevolmente il rischio di bassi indici di benessere. Analizzando la durata della vita, spiegano gli studiosi, le donne asiatico-americane erano associate alla durata di vita prevista più lunga, pari a 88,6 anni, mentre gli uomini asiatici e gli uomini di colore erano correlati all’aspettativa di vita più breve, rispettivamente 77,0 e 77,4 anni. “Le disparità che abbiamo riscontrato – conclude Laura Dwyer-Lindgren, altra firma dell’articolo – non sono solo statistiche, quanto piuttosto un invito all’azione. È necessario affrontare le disuguaglianze storiche e sistemiche nell’accesso alle opportunità”.(30Science.com)
Valentina Di Paola
Il modo in cui si misura il benessere individuale influenza le disparità
(8 Novembre 2024)
Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).