Roma – Monitorare e preservare le popolazioni a rischio di scimpanzé necessità dell’aiuto dell’Intelligenza artificiale. E’ quanto ritiene l’ecologista Adrienne Chitayat dottoranda dell’Università di Amsterdam, che nell’ambito del suo dottorato ha sviluppato un nuovo rilevatore acustico basato sull’apprendimento profondo in grado di identificare i suoni degli scimpanzé e tracciarli. La Chitayat ha condotto una ricerca sugli scimpanzé in Tanzania ed è la prima a esaminare sistematicamente la densità di popolazione nell’intero Parco nazionale dei Monti Mahale, grazie alla nuova tecnologia. Gli scimpanzé sono, insieme ai bonobo, i nostri parenti animali viventi più prossimi. La più grande popolazione di scimpanzé in Tanzania, l’estensione più meridionale e orientale dell’areale di questa specie, vive nel Greater Mahale Ecosystem, che copre quasi 20.000 chilometri quadri. Include il Mahale Mountains National Park, un habitat cruciale per lo scimpanzé orientale ( Pan troglodytes schweinfurthii ). “Nonostante l’importanza dell’area, che ospita uno dei siti di ricerca più longevi per gli scimpanzé, sono state condotte pochissime ricerche sugli scimpanzé in tutto il parco”, afferma la Chitayat. “Ci sono state stime basate su indagini su piccola scala, ma nessun dato di base completo. E senza tali dati, è difficile comprendere i modelli di popolazione degli scimpanzé e sviluppare buone strategie di conservazione. Il mio obiettivo era colmare questa lacuna”.
Gli scimpanzé dormono nei nidi e raramente usano lo stesso nido per due notti di fila, il che significa che ne creano uno nuovo ogni giorno. Contando i nidi e determinando la loro età, la Chitayat è stata in grado di fare una stima affidabile della densità degli scimpanzé per i siti in tutto il parco. Ha scoperto che la densità varia da 1,1 a 3,7 scimpanzé per chilometro quadrato. Contare i nidi, come ha fatto Chitayat per l’intero Parco Nazionale, è un metodo valido e affidabile per monitorare gli scimpanzé. Ma è anche dispendioso in termini di tempo e denaro. Inoltre, gli scimpanzé sono difficili da abituare ad osservazioni ravvicinate. Secondo la Chitayat, abbiamo quindi bisogno di altri modi per studiare quelli che non sono abituati, il che comprende la maggior parte degli scimpanzé. Ha sviluppato un nuovo rilevatore acustico basato sul deep learning da utilizzare con il monitoraggio acustico passivo. Chitayat: “Il monitoraggio acustico passivo è una tecnica rivoluzionaria che registra automaticamente tutti i suoni nelle vicinanze del dispositivo acustico, inclusi i suoni degli scimpanzé. Può essere utilizzato per scoprire dove si trovano gli scimpanzé, con quale frequenza passano nelle vicinanze, a che ora e in quanti individui. Il problema è che hai ore, giorni, persino settimane di registrazioni sonore che sono troppo laboriose da ascoltare manualmente”.
La Chitayat ha quindi studiato se poteva automatizzare l’identificazione dei suoni degli scimpanzé per ordinare in modo più efficiente i vasti set di dati utilizzando il deep learning. Per far funzionare correttamente l’algoritmo di deep learning, doveva essere alimentato con molti dati di addestramento (esempi di suoni degli scimpanzé e del loro ambiente). La Chitayat: “È stato difficile, perché non sono disponibili grandi database di suoni, a differenza degli uccelli, ad esempio. Gli scimpanzé emettono molti suoni diversi per comunicare tra loro, dai forti ‘pant-hoot’ usati per impressionare e comunicare a lunga distanza ai grugniti sommessi usati per salutarsi. Ci siamo concentrati sui ‘pant-hoot’, il che ha reso il nostro compito particolarmente difficile a causa della complessità e variabilità di questi richiami”. La Chitayat è riuscita alla fine a rendere il rilevatore acustico un metodo praticabile. “Questo è un grande passo, ma non l’ultimo. La tecnologia di apprendimento automatico potrebbe alla fine essere utilizzata per distinguere i singoli scimpanzé. Ciò consentirebbe di saperne di più sulla demografia all’interno dei gruppi, come il numero di maschi e femmine e la loro classe di età, e sui loro modelli e abitudini. Più impariamo, meglio possiamo proteggere gli scimpanzé”.(30Science.com)