Roma – L’inoculazione psicologica, una forma di “prebunking” intesa ad aiutare le persone a identificare e confutare informazioni false o fuorvianti, che utilizza brevi video al posto delle pubblicità per evidenziare tecniche manipolative comuni alla disinformazione, come il linguaggio emotivo, le false dicotomie e la ricerca di capri espiatorie, combinata assieme ad una tecnica che spinge il consumatore ad interrogarsi sull’accuratezza di un contenuto, potrebbe aiutare a prevenire la disinformazione. Lo rivela una nuova ricerca condotta dalla Cornell University e supportata da Google, descritta su Nature Human Behaviour. L’inoculazione psicologica è già stata implementata su milioni di utenti di YouTube, Facebook e altre piattaforme e potrebbe essere utilizzata dopo le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. In una serie di studi che hanno coinvolto circa 7.300 partecipanti online, un video di inoculazione sul linguaggio emozionale ha dimostrato di migliorare il riconoscimento di tale tecnica, ma non ha migliorato la capacità delle persone di distinguere i titoli veri da quelli falsi. La capacità dei partecipanti di identificare le informazioni vere è migliorata quando il video è stato racchiuso in clip video che li hanno spinti a pensare se il contenuto fosse accurato, il che suggerisce che un approccio combinato potrebbe essere più efficace. “Dire semplicemente alle persone di stare attente a cose come il linguaggio emotivo non è sufficiente”, ha affermato Gordon Pennycook, professore associato di psicologia. “In modo incoraggiante, abbiamo trovato una certa sinergia tra questi due approcci, e ciò significa che potremmo essere in grado di sviluppare interventi più efficaci”, ha continuato Pennycook, primo autore dello studio. Studi precedenti che hanno coinvolto membri del gruppo di ricerca hanno dimostrato che i video di inoculazione hanno aiutato le persone a identificare tecniche manipolative in tweet campione. Ciò ha fatto sperare che un intervento relativamente semplice potesse essere implementato su larga scala per “immunizzare” le popolazioni contro la disinformazione potenzialmente virale. Il nuovo studio ha indagato se i benefici dell’inoculazione si potessero applicare a condizioni più reali, aiutando le persone a valutare se le informazioni fossero vere o meno. In tre studi iniziali, i partecipanti hanno guardato lo stesso video con linguaggio emotivo utilizzato nello studio precedente, che avverte gli spettatori di stare attenti, ad esempio, ai titoli che fanno riferimento a un incidente “terribile” piuttosto che a uno “grave”, o a una sentenza “disgustosa”, invece di “sgradevole”. I partecipanti hanno quindi esaminato titoli reali, alcuni veri, altri falsi, presentati in una delle due versioni ideate dai ricercatori: o emotivamente neutri o con un linguaggio carico che potrebbe evocare paura o rabbia. Ad esempio, un titolo vero e poco emotivo recitava: “NYC vuole ‘porre fine all’era del COVID’, dichiara il vaccino come un requisito per i suoi lavoratori”. La versione evocativa recitava: “Migliaia di persone costrette a farsi vaccinare: NYC impone i vaccini per i suoi lavoratori”. Replicando il lavoro precedente, il video di inoculazione di meno di due minuti ha aiutato i partecipanti allo studio a segnalare contenuti manipolativi, in particolare nei titoli ad alta emotività. Ma, questo non li ha resi più bravi a giudicare quali informazioni fossero accurate, anche nel contesto più favorevole all’inoculazione, quando tutti i titoli falsi contenevano un linguaggio altamente emotivo e tutti i titoli veri erano neutri. “Quando il compito viene reso più difficile mescolando affermazioni vere o false, il video sembra perdere la sua efficacia come ‘vaccino contro la disinformazione'”, hanno affermato gli autori. Un’ultima coppia di studi ha esplorato i potenziali benefici dei cosiddetti prompt di accuratezza, semplici promemoria sull’importanza di considerare l’accuratezza e la minaccia della disinformazione. Come l’inoculazione, i prompt di accuratezza da soli si sono dimostrati inefficaci nell’aiutare le persone a identificare affermazioni vere da quelle false, a differenza del loro uso passato in cui miglioravano con successo le notizie condivise dalle persone. Ma, quando i prompt di accuratezza sono stati inseriti nel video di inoculazione, l’identificazione dei titoli veri, ma non di quelli falsi, da parte dei partecipanti allo studio è migliorata in modo significativo, fino al 10%. “Ciò dimostra che combinare due tecniche facilmente implementabili su larga scala può potenziare le capacità delle persone di evitare di essere fuorviate”, ha affermato Stephan Lewandowsky, professore presso l’Università di Bristol, in Inghilterra, e coautore della ricerca. I risultati hanno implicazioni significative per il crescente campo della progettazione di interventi contro la disinformazione, evidenziando per gli attori del settore e i politici l’importanza di testare e implementare più interventi contemporaneamente”, hanno dichiarato gli scienziati. “Se si vogliono eseguire questi interventi, probabilmente si dovrebbe iniziare con un promemoria di base sull’accuratezza”, ha sottolineato Pennycook. “Il solo fatto di far riflettere di più le persone sul fatto che le cose siano vere si ripercuoterà, almeno nel breve termine, su ciò che vedono e sulle scelte che riguardano cosa condividere online”, ha concluso Lewandowsky. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
Contro la disinformazione meglio approccio combinato
(5 Novembre 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.