Roma – Si chiama AKY-1189, è una mini-proteina che potrebbe trasportare la dose di radiazioni direttamente nella massa cancerosa, senza danneggiare i tessuti sani. Raggiunto dagli scienziati dell’Università di Pretoria e dello Steve Biko Academic Hospital, in Sud Africa, questo importante risultato è stato presentato durante il 36° Simposio internazionale sul cancro dell’European Organisation for Research and Treatment of Cancer (EORTC), National Cancer Institute (NCI) e dell’American Association for Cancer Research (AACR). Il team, guidato da Mike Sathekge, ha dimostrato per la prima volta che è possibile utilizzare una mini-proteina progettata per erogare la dose di trattamento direttamente nelle cellule tumorali che esprimono sulla loro superficie cellulare una proteina chiamata Nectina-4, spesso presente in diversi tipi di cancro. Il radiofarmaco riusciva a colpire specificamente le zone cancerose, evitando i tessuti sani. “Per la prima volta – sottolinea Sathekge – abbiamo dimostrato l’efficacia di una tecnologia completamente nuova utilizzata per la radiazione mirata. AKY-1189 è il primo composto progettato per fornire una dose terapeutica di Actinium-225, un elemento radioattivo, prendendo di mira specificamente la Nectina-4”. Questa proteina, spiegano gli esperti, è presente nelle membrane cellulari ed è sovraespressa fino al 90 per cento dei pazienti affetti da neoplasie solide, come tumori della vescica, del seno, del polmone, della testa e del collo, della cervice e dell’intestino. Nell’ambito dell’indagine, il gruppo di ricerca ha sottoposto a imaging 20 pazienti presso la Nuclear Medicine Research Infrastructure (NuMeRi). Nove partecipanti erano associati a un cancro alla vescica metastatico, tre avevano un cancro al seno metastatico, tre avevano un cancro cervicale, due avevano un cancro colorettale e tre avevano un cancro polmonare non a piccole cellule. Gli scienziati hanno somministrato una singola iniezione di AKY-1189 ed esaminato le scansioni PET-CT eseguite a distanza di una, due e tre ore dal trattamento. Un gruppo di nove pazienti è stato inoltre sottoposto a imaging SPECT-CT dopo tre, 24 e 48 ore utilizzando. Questo approccio ha permesso ai ricercatori di comprendere la dosimetria, ovvero la distribuzione del farmaco nel tempo. Stando a quanto emerge dalla sperimentazione, la mini-proteina non ha provocato effetti avversi di alcun tipo. Le ghiandole salivari hanno mostrato un assorbimento transitorio che non equivaleva a un’esposizione clinicamente significativa alle radiazioni. I ricercatori hanno scoperto che c’era un certo assorbimento di radiazioni nei reni, ma a un livello ampiamente al di sotto delle soglie di sicurezza. “Siamo stati in grado di raccogliere informazioni importanti – precisa Sathekge – anche se non si trattava di un vero e proprio studio clinico. Dato che il farmaco non si accumula nei tessuti normali, potrebbe essere sicuro per più somministrazioni per massimizzare l’impatto del trattamento”. “Questi dati – conclude – gettano le basi per ulteriori ricerche cliniche con il farmaco nel cancro metastatico della vescica e altri tumori che hanno come bersaglio la Nectina-4”. (30Science.com)