Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Trovati microbi delle mangrovie che “sgranocchiano” plastica

(22 Ottobre 2024)

Roma – Una serie di batteri proveniente dall’ecosistema delle mangrovie sarebbero capaci di fornire nuove possibilità di riciclo dei rifiuti di plastica. E’ quanto emerge da uno studio guidato dalla King Abdullah University of Science and Technology (KAUST), e pubblicato su Trends in Biotechnology. “Gli ecosistemi di mangrovie sono esposti a livelli elevati di plastica e si è scoperto che i loro terreni contengono diverse comunità microbiche, tra cui microrganismi attivi nella plastica”, spiega Diego Javier Jiménez Avella, ricercatore scientifico presso il Microbial EcoGenomics and Biotechnology Laboratory (MEGBLab) presso la KAUST, che ha guidato questo progetto di ricerca. “Quindi abbiamo pensato che questi terreni potessero essere una buona fonte di microbi con potenziale per la scomposizione della plastica. Tuttavia, la diversità microbica e le attività metaboliche nei terreni di mangrovie sono ancora in gran parte sconosciute”. L’analisi delle informazioni genomiche collettive di due consorzi batterici ha mostrato che alcune specie batteriche hanno nuovi enzimi in grado di scomporre e trasformare il PET. Il nuovo genere batterico Mangrovimarina plasticivorans è un membro particolarmente importante di questi consorzi in quanto trasporta due geni che codificano la sintesi di monoidrossietil tereftalati idrolasi, enzimi in grado di degradare un sottoprodotto del PET. Questi risultati sono importanti perché aumentano la nostra comprensione ecologica della trasformazione del PET in natura e descrivono un nuovo genere batterico ed enzimi potenzialmente in grado di degradare il PET. Questa è anche la prima volta che i ricercatori hanno dimostrato che un consorzio batterico derivato da terreni di mangrovie può trasformare una plastica idrolizzabile a base di combustibili fossili. “Ingegneriare microbiomi per trasformare efficacemente la plastica è un tema di ricerca entusiasmante in microbiologia e biotecnologia”, spiega Jiménez. “È anche un compito arduo: il biorisanamento delle microplastiche negli ecosistemi marini naturali è impegnativo a causa della bassa efficacia, dei problemi di scalabilità, test, implementazione, valutazione e legislazione”. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla