Gianmarco Pondrano d'Altavilla

GB: cittadini confidano in ricerca per lotta al climate change

(21 Ottobre 2024)

Roma. – Quasi due terzi (61 per cento) degli adulti nel Regno Unito affermano di aspettarsi che le università , in particolare quelle di livello globale come Cambridge, inventino nuove tecnologie e soluzioni che contribuiranno a ridurre gli effetti del cambiamento climatico. E’ quanto emerge da uno studio commissionato dall’Università di Cambridge. Questa percentuale è superiore a quella di coloro che si aspettano tali innovazioni dal governo (47 per cento) e dalle imprese del settore privato (46 per cento). Public First ha condotto il sondaggio su 2.000 adulti del Regno Unito per conto dell’Università di Cambridge. I risultati dimostrano quanto il pubblico creda che le università di ricerca siano importanti nella lotta contro il cambiamento climatico, sviluppando innovazioni per scongiurare le imminenti crisi climatiche e naturali. Gli intervistati hanno affermato che nei prossimi 50 anni le misure più importanti da adottare saranno gli investimenti in nuove infrastrutture energetiche a basse emissioni di carbonio (59 per cento), le azioni delle aziende per ridurre il loro impatto sull’ambiente (52 per cento) e i finanziamenti governativi per sostenere la ricerca su nuove tecnologie (50 per cento) . I risultati del sondaggio hanno mostrato che il pubblico ritiene che la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera (38 per cento) , insieme allo sviluppo di carburanti alternativi per automobili e aerei (37 per cento) e a batterie migliori (30 per cento) in grado di immagazzinare maggiori quantità di energia, siano i problemi più urgenti. Il Prorettore per l’Istruzione e la Sostenibilità Ambientale dell’Università di Cambridge, il Professor Bhaskar Vira, ha affermato: “Cambridge ha centinaia di progetti che affrontano le crisi climatiche e naturali. Nutrire un ecosistema che consenta ai nostri colleghi di lavorare su queste questioni urgenti è una parte fondamentale della nostra missione per la società”. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla