Gianmarco Pondrano d'Altavilla

I cambiamenti climatici spingono un aumento di morti da fumo degli incendi

(18 Ottobre 2024)

Roma – Il cambiamento climatico potrebbe aver aumentato la percentuale di morti umane legate al fumo da incendi di circa dieci volte tra gli anni ’60 e il 2010. E’ quanto emerge da uno studio guidato dal National Institute for Environmental Studies e pubblicato su Nature Climate Change. Il Sud America, l’Australia, l’Europa e le foreste boreali dell’Asia sono risultate essere le regioni con i più alti livelli di mortalità. Il fumo degli incendi boschivi e le particelle fini al suo interno – chiamate PM2,5 particolato inferiore o uguale a 2,5 microgrammi per metro cubo – rappresentano una minaccia nota per la salute umana, con stime recenti che suggeriscono che oltre 98.748 persone muoiono a livello globale ogni anno dai fumi derivanti dall’incendio. Le attività di gestione e soppressione degli incendi hanno ridotto gli incendi negli ultimi decenni; tuttavia, il cambiamento climatico ha aumentato la durata delle stagioni degli incendi e la quantità di aree bruciate a livello globale. Gli autori del nuovo studio hanno utilizzato tre modelli di analisi per studiare i cambiamenti nelle emissioni da incendi a livello globale tra il 1960 e il 2019. Hanno confrontato simulazioni che riproducono osservazioni storiche con un modello ipotetico che esclude il cambiamento climatico come ipotesi di controllo. Hanno scoperto che negli anni ’60 circa il 1-3 per cento delle morti per incendio era attribuibile al cambiamento climatico, mentre negli anni 2010 il 5-28 per cento era riconducibile alla stessa causa, a seconda del modello utilizzato. Ciò ha portato a un aumento della mortalità in eccesso dovuta al cambiamento climatico da meno di 669 morti negli anni ’60 a 12.566 negli anni 2010. “Ciò indica che il cambiamento climatico sta rappresentando sempre più una minaccia per la salute pubblica, spinto da  maggiori fumi da incendio che colpiscono anche aree densamente popolate”, spiega Chae Yeon Park, ricercatore presso il Japanese National Institute of Advanced Industrial Science and Technology e autore principale di questo studio. Gli aumenti degli incendi attribuibili ai cambiamenti climatici si sono verificati in gran parte in foreste e praterie tropicali, foreste temperate nel Nord America, foreste mediterranee in Europa e foreste boreali. A causa degli impatti del trasporto atmosferico e dell’esposizione della popolazione, la mortalità attribuibile è risultata più importante in Sud America, nell’emisfero settentrionale dell’Africa, in Europa e vicino alle foreste boreali dell’Asia. Gli autori riconoscono che trovare un’attribuzione diretta tra cambiamento climatico e incendi – e quindi particolato – a livello globale è difficile a causa di diverse variabili. Tuttavia, sostengono di aver stabilito un chiaro legame tra il cambiamento climatico e la mortalità dovuta agli incendi in alcune regioni. Allo stesso modo, notano che mentre i tre modelli utilizzati nello studio hanno visto differenze nel livello di attribuzione nella relazione tra particolato e mortalità, tutti e tre hanno mostrato tendenze coerenti in regioni specifiche. (30Science.com)

 

Gianmarco Pondrano d'Altavilla