Roma – Discariche, bestiame e zone umide, piuttosto che i combustibili fossili, sono stati i fattori della recente impennata di inquinamento da metano (CH4). E’ quanto emerge da uno studio guidato dall’Università del Colorado e pubblicata su PNAS. Il metano è il secondo gas serra di origine antropica più abbondante sulla Terra e rappresenta quindi un essenziale obiettivo per la mitigazione del cambiamento climatico. Dopo una breve pausa dal 1999 al 2006, sia l’abbondanza che il tasso di crescita del metano atmosferico sono passati all’aumento. Nel periodo 2020-2022 il tasso di crescita del metano atmosferico ha toccato livelli record pari a 15,4 parti per miliardo all’anno. Gli autori del nuovo studio hanno utilizzato i dati del Laboratorio Globale di Monitoraggio della National Oceanic and Atmospheric Administration per analizzare le cause di questa impennata. Hanno esaminato il rapporto variabile tra gli isotopi del carbonio-13 e del carbonio-12 nel metano atmosferico. Ne hanno dedotto che la crescita record el metano atmosferico nel 2020-2022 è stato probabilmente determinato principalmente dalle emissioni microbiche di metano provenienti da zone umide, discariche e bestiame, piuttosto che da un aumento delle emissioni di combustibili fossili o da cambiamenti significativi nei processi di distruzione chimica del metano atmosferico. “I nostri risultati – concludono i ricercatori – non ci permettono di distinguere quanto di questo inquinamento sia da attribuire solo a fonti antropogeniche, per questo sono necessari ulteriori studi per approfondire il punto”. (30Science.com)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla
Discariche e bestiame spingono inquinamento da metano
(18 Ottobre 2024)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla