Lucrezia Parpaglioni

Scoperto nei criceti siriani il segreto genetico per sfuggire alla morte da freddo

(1 Ottobre 2024)

Roma – Identificato un gene chiave che aiuta i criceti siriani, o criceti dorati, Mesocricetus auratus, in letargo, a evitare la morte cellulare indotta dal freddo. Lo rivela uno studio guidato da Masamitsu Sone e da Yoshifumi Yamaguchi, dell’Università di Hokkaido, in Giappone, pubblicato sulla rivista Cell Death and Disease. Temperature corporee inferiori a 10 gradi Celsius si rivelano rapidamente fatali per l’uomo e per molti altri mammiferi, perché lo stress da freddo prolungato fa sì che le cellule accumulino radicali liberi dannosi, in particolare radicali perossidi lipidici, con conseguente morte cellulare e insufficienza degli organi. Tuttavia, alcune specie di mammiferi possono sopravvivere allo stress da freddo andando in letargo. L’ibernazione in molti piccoli mammiferi comporta cicli di giorni o settimane di torpore profondo in cui gli animali smettono di muoversi e la loro temperatura corporea scende a livelli estremamente bassi, intervallati da brevi periodi di temperatura corporea e attività normali. Per identificare il gene, i ricercatori hanno dapprima ingegnerizzato cellule tumorali umane sensibili al freddo per trasportare i geni delle cellule di criceto resistenti al freddo, e poi hanno esposto le cellule umane alla ripetizione di condizioni di freddo prolungato e al risveglio dal freddo. Analizzando i genomi delle cellule umane sopravvissute all’esposizione al freddo e allo stress da riscaldamento, il gruppo di ricerca ha potuto identificare i geni di criceto che erano stati incorporati nel genoma delle cellule umane e che avevano permesso loro di sopravvivere al freddo.

Un criceto siriano in letargo (Foto: Gruppo metabolismo, fisiologia e sviluppo dell’ibernazione, Università di Hokkaido)
Credito: Gruppo di metabolismo, fisiologia e sviluppo dell’ibernazione, Università di Hokkaido

L’analisi ha rivelato un probabile candidato: il gene che codifica per la glutatione perossidasi 4, Gpx4, una delle famiglie di proteine già note per ridurre l’impatto delle specie reattive dell’ossigeno nelle cellule dei mammiferi. Quando l’attività di questo gene è stata soppressa nelle cellule di criceto, sia ingegnerizzando una versione knock-out sia sopprimendo chimicamente la sua attività, le cellule potevano sopravvivere solo a periodi più brevi di esposizione al freddo estremo, due giorni, invece di cinque, prima di morire a causa dell’accumulo di perossido lipidico. La Gpx4 è espressa nelle cellule umane e di criceto, ma solo i criceti sono in grado di ibernarsi; quindi, il gruppo di ricerca ha esaminato se la Gpx4 umana e quella di criceto si comportano in modo diverso. È interessante notare che anche la Gpx4 umana può fornire protezione dal freddo quando viene sovraespressa in cellule umane. “È ancora aperta la questione del perché le cellule non ibernatrici siano molto più vulnerabili allo stress da freddo rispetto a quelle ibernatrici, anche se i livelli di espressione della proteina Gpx4 sono comparabili”, ha detto Sone. Queste scoperte rappresentano un primo passo verso la comprensione del mistero di come alcuni mammiferi siano in grado di andare in letargo in modo sicuro attraverso il freddo estremo. La scoperta potrebbe avere potenziali applicazioni per la salute umana, come il miglioramento della conservazione a lungo termine degli organi per i trapianti utilizzando le basse temperature o l’uso dell’ipotermia come strumento terapeutico. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.