Lucrezia Parpaglioni

Tumori: i medici dovrebbero smettere di chiamare “cancro” le alterazioni iniziali della prostata

(2 Ottobre 2024)

Roma – I pazienti potrebbero trarre beneficio se i medici smettessero di chiamare “cancro” alcune alterazioni della prostata in fase iniziale. Lo rivela uno studio guidato da Matthew Cooperberg, dell’Università della California, S an Francisco, riportato sul Journal of the National Cancer Institute, edito dalla Oxford University Press. Il cancro alla prostata è la seconda causa di morte per cancro negli uomini a livello mondiale, ma i pazienti diagnosticati sono molto più numerosi di quelli che muoiono a causa della malattia. Nel 2022 si sono registrati quasi 1,5 milioni di casi di cancro alla prostata, ma solo 400.000 decessi. Il tumore alla prostata di basso grado, comunemente noto come GG1, praticamente non dà mai metastasi né provoca sintomi. Alcuni ricercatori medici si sono chiesti di recente se sarebbe un vantaggio per la salute pubblica chiamare il GG1 con un nome diverso da cancro. Per approfondire questa discussione, i ricercatori hanno convocato un simposio internazionale con partecipanti provenienti da diversi settori, tra cui la difesa dei pazienti. Le considerazioni principali hanno riguardato l’altissimo tasso di GG1 rilevabile negli studi autoptici, l’attenzione dei test diagnostici contemporanei a rilevare tumori di grado più elevato, i vantaggi di relegare il GG1 a qualcosa di più simile allo status di “incidentaloma”, gli effetti negativi sulla salute del sovratrattamento e il peso psicologico di una diagnosi di cancro per i pazienti. I partecipanti alla riunione hanno sottolineato che il GG1 è comune tra gli uomini anziani, ma non deve essere considerato normale. Secondo i ricercatori, i pazienti con questa condizione dovrebbero continuare a monitorarla con il proprio medico. Una preoccupazione è che i pazienti non si preoccupino di monitorare la progressione della condizione se il loro medico non usa la parola “cancro” per spiegare cosa sta succedendo. In definitiva, gli scienziati hanno sottolineato l’importanza dello screening, della diagnosi e del trattamento del tumore alla prostata per ridurre i tassi di mortalità, limitando al tempo stesso i danni derivanti da sovradiagnosi e sovratrattamento. Cooperberg ritiene che una riconsiderazione della nomenclatura potrebbe essere un buon modo per contribuire a raggiungere questo obiettivo. “La parola ‘cancro’ ha risuonato nei pazienti per millenni come una condizione associata a metastasi e mortalità”, ha spiegato Cooperberg. “Ora stiamo scoprendo cambiamenti cellulari eccezionalmente comuni nella prostata che in alcuni casi presagiscono lo sviluppo di un cancro aggressivo, ma nella maggior parte dei casi non lo fanno”, ha continuato Cooperberg. “Dobbiamo assolutamente monitorare queste anomalie, indipendentemente da come le etichettiamo, ma i pazienti non dovrebbero essere gravati da una diagnosi di cancro se ciò che vediamo non ha alcuna capacità di diffondersi o di uccidere”, ha concluso Cooperberg.(30Science.com)

 

 

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.