Roma – La sicurezza e l’efficacia di donanemab, un farmaco per l’Alzheimer recentemente approvato dalla Food & Drug Administration, FDA, statunitense, sono state messe in discussione. È quanto emerge da un’inchiesta condotta dalle giornaliste Jeanne Lenzer e Shannon Brownlee, pubblicata oggi su BMJ. Le giornaliste hanno esaminato le preoccupazioni non solo sulla sua efficacia e sul numero di decessi tra i pazienti che lo assumono, ma anche sui legami finanziari con i produttori del farmaco tra i membri del comitato consultivo “indipendente” che ne ha raccomandato l’approvazione. Il Donanemab, sviluppato da Eli Lilly, è l’ultimo di una nuova classe di farmaci anti-amiloide che forniscono anticorpi per colpire la beta amiloide, una proteina ritenuta causa della malattia di Alzheimer. Nel gennaio 2023, la FDA ha negato l’approvazione di donanemab, citando un “alto tasso” di dati mancanti e mettendo in dubbio la sicurezza a lungo termine del farmaco. L’agenzia ha rilevato un tasso più elevato di interruzione del trattamento a causa di eventi avversi, che spesso si riflettono in emorragie cerebrali e gonfiori, tra i pazienti che assumevano donanemab rispetto al placebo e uno “squilibrio” nei decessi complessivi. Lilly ha riconosciuto tre decessi nei pazienti che assumevano donanemab e una società esterna che ha assunto per ottenere i dati mancanti ha trovato altri due decessi tra i pazienti del braccio donanemab e cinque decessi nel braccio placebo. Steven Goodman, esperto di progettazione di studi clinici all’Università di Stanford, ritiene che non sia possibile valutare l’affidabilità dei nuovi dati senza maggiori dettagli sui metodi della società esterna. “Non c’erano inoltre informazioni sugli esiti di salute di quei pazienti, a parte la morte, né sulle cause dei decessi”, ha affermato Goodman. “L’incapacità di seguire formalmente i pazienti che hanno interrotto il trattamento è stato un difetto di progettazione significativo, in particolare quando l’interruzione era in parte dovuta a effetti avversi del farmaco”, ha continuato Goodman. L’indagine rivela anche che sette degli otto medici nominati dalla FDA per esaminare il donanemab hanno ricevuto pagamenti diretti dalle aziende farmaceutiche. Tre avevano legami finanziari con la Lilly, due con la Roche, partner della Lilly nello sviluppo di un nuovo test del sangue per la malattia di Alzheimer, altri due hanno brevetti su anticorpi amiloidi e l’ottavo medico ha ricevuto finanziamenti per la ricerca dalla Janssen per un altro farmaco contro l’Alzheimer. Utilizzando il database pubblico OpenPayments, i Curriculum Vitae dei membri, le divulgazioni negli articoli pubblicati e il database di Google sulla proprietà dei brevetti, The BMJ ha scoperto che i singoli consulenti hanno ricevuto fino a 62.000 dollari, l’equivalente di 47.000 sterline e 56.000 euro, per consulenze e pareri e fino a 10,5 milioni di dollari in sovvenzioni per la ricerca dal 2017 al 2023. Interrogata sui numerosi conflitti finanziari tra i medici consulenti riscontrati dal BMJ, l’agenzia ha dichiarato: “La FDA non commenta le questioni relative ai singoli membri di un comitato consultivo”. Lenzer e Brownlee descrivono anche come l’esito principale degli studi sul donanemab sia stato cambiato durante la sperimentazione, passando dalla “scala di valutazione della demenza clinica, somma di caselle o CDR-SB, ampiamente accettata, alla scala di valutazione integrata della malattia di Alzheimer o iADRS, di Lilly. Nonostante i risultati non abbiano mostrato una differenza clinicamente significativa tra i pazienti che assumevano il farmaco e il placebo, Lilly ha dichiarato che donanemab ha rallentato la progressione dell’Alzheimer del 22%. L’azienda ha anche promosso donanemab come “rallentatore del declino del 35%”. “Si tratta di un’affermazione fuorviante”, ha osserato Alberto J. Espay, neurologo e specialista in epidemiologia clinica e ricerca sanitaria presso l’Università di Cincinnati. “Si tratta di una differenza relativa che trasforma una differenza assoluta molto piccola in un numero che sembra impressionante”, ha concluso Espay. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
Dubbi su efficacia e sicurezza per il nuovo farmaco contro l’Alzheimer
(26 Settembre 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.