Valentina Arcovio

Dopo un danno cerebrale strutturale, parte del cervello si addormenta

(17 Settembre 2024)

Roma – La rivista Nature Communications ha pubblicato un articolo Perspective in cui un gruppo di medici e ricercatori internazionali, coordinati da Marcello Massimini, docente di Fisiologia dell’Università Statale di Milano, presentano una nuova visione sulle conseguenze delle lesioni cerebrali, frutto dell’integrazione della letteratura esistente con le prime valutazioni del progetto Nemesis – (Neurological Mechanisms of Injury and Sleep-like cellular dynamics), vincitore del bando ERC Synergy Grant nel 2022, con una assegnazione di oltre 10 milioni di euro. Il lavoro di ricerca suggerisce che parte dei deficit funzionali che conseguono al danno cerebrale strutturale (ischemico, emorragico e traumatico) è dovuto al fatto che zone di corteccia cerebrali adiacenti alla lesione o connesse ad essa cadono in uno stato simile al sonno, mentre il paziente è sveglio. L’ipotesi emerge dall’integrazione di nozioni classiche con solide evidenze sperimentali raccolte dal team di neurofisiologi dell’Università Statale nel corso degli ultimi anni. “Le conseguenze delle lesioni cerebrali focali (ischemiche, emorragiche e traumatiche) vanno ben oltre il danno causato direttamente dalla perdita dei neuroni””, racconta Massimini. “Già nel 1914, Constantin Von Monakow aveva intuito come i sintomi neurologici potessero dipendere in larga misura da un effetto a distanza del danno locale sull’attività di aree cerebrali lontane. Questo – continua – è un dato rilevante perché mentre è difficile riparare il danno strutturale, le alterazioni funzionali delle reti cerebrali possono in principio essere corrette”. Quasi cent’anni dopo, questa ipotesi è stata confermata da registrazioni effettuate con moderne tecniche di neuroimaging: una lesione focale si associa ad alterazioni diffuse dei network cerebrali, e queste alterazioni funzionali spiegano la sintomatologia. Tuttavia, i meccanismi neuronali di queste alterazioni non erano noti. Nello studio, gli autori ripartono da una nozione antica e un po’ dimenticata, quella della presenza di onde elettroencefalografiche (EEG) lente, simili a quelle del sonno, nell’aria della lesione. Rivedendo tale osservazione alla luce di recenti indagini elettrofisiologiche emerge chiaramente che tali onde riflettono l’intrusione di dinamiche corticali simili a quelle del sonno durante la veglia; i ricercatori illustrano come queste dinamiche vengono generate e come possono portare a una disgregazione dei network cerebrali e a deficit comportamentali. Infine, delineano uno scenario in cui le onde lente post-lesione possono essere modulate per risvegliare parti del cervello che si sono “addormentate”, ottimizzando così le strategie di riabilitazione e promuovendo il recupero. (30Science.com)

Valentina Arcovio