Valentina Di Paola

I dipendenti che lavorano da malati costano miliardi alla propria azienda

(13 Settembre 2024)

Roma – Impiegati e dipendenti spesso sentono la pressione di dover lavorare anche durante la malattia, il che si ripercuote negativamente sulla produttività, fino a causare un costo generale che può raggiungere i 150 miliardi di dollari all’anno. A stimarlo uno studio, pubblicato sul Journal of Occupational and Organizational Psychology, condotto dagli scienziati dell’Università della Florida del Sud. Il team, guidato da Claire Smith, ha valutato gli effetti e i costi del ‘presentismo’. Gli autori hanno esaminato ricerche precedenti considerando vari gruppi di individui. Presenziare in ufficio in caso di malattia, spiegano gli esperti, può inficiare la produttività, minare il benessere psicologico e favorire comportamenti devianti nei confronti dei colleghi. Secondo quanto emerge dall’indagine, andare in ufficio da malati è più costoso dell’assenteismo. In uno degli articoli, sono stati coinvolti 764 lavoratori, molti dei quali hanno affermato di lavorare in caso di malattia perché tale comportamento veniva avallato, considerato normale o addirittura incoraggiato dall’organizzazione o dall’azienda di riferimento. I dati dimostrano pertanto quanto la cultura del posto di lavoro possa influenzare il comportamento in presenza. Quando i lavoratori avvertono la pressione del presentismo, riportano gli scienziati, valutano negativamente la loro organizzazione, interpretandola come una mancanza di attenzione per il benessere dei dipendenti. Infine, l’indagine ha evidenziato come la percezione di una particolare pressione a lavorare anche durante la malattia possa sfociare in comportamenti devianti, improduttivi e molesti. Portare le persone a lavorare anche quando non sono in forma, concludono gli scienziati, rappresenta un costo importante per le aziende, che dovrebbero garantire un ambiente lavorativo orientato al benessere, massimizzando così la produttività. (30Science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).