Roma – Ogni anno si stima che ci siano tra 3,9 e 5 milioni di casi di sepsi neonatale a livello globale, con circa 700mila-800mila decessi. Lo ricorda la Società italiana di neonatologia (Sin), in vista della Giornata Mondiale contro la sepsi (World Sepsis Day), che ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità di questa patologia, spesso poco conosciuta. “La sepsi è una condizione potenzialmente letale caratterizzata da una risposta infiammatoria sistemica causata da un’infezione, che può rapidamente evolvere in disfunzione multiorgano e morte”, spiega la Sin in una nota. La sepsi colpisce circa 49 milioni di persone, con 11 milioni di decessi all’anno a livello mondiale, portando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a identificarla come una priorità sanitaria globale. “La mortalità da sepsi è spesso legata a misure di prevenzione delle infezioni inadeguate, diagnosi tardiva e gestione clinica inappropriata”, evidenzia la Sin. “Il periodo neonatale presenta il rischio di sepsi più alto nell’arco della vita e, di conseguenza, comporta un enorme carico medico, sociale ed economico a livello globale. Questa condizione, comunemente definita da una coltura microbica positiva in un paziente sintomatico, rimane – continua – una sfida considerevole a livello globale e, insieme alla nascita pretermine, è responsabile del maggior numero di decessi nel primo mese di vita”. Anche se la sopravvivenza dei neonati pretermine e/o di basso peso alla nascita è nettamente migliorata
nel tempo, secondi gli specialisti, questa popolazione necessita spesso di cure ospedaliere, il che li espone a nuovi rischi infettivi sotto forma di infezioni acquisite in ospedale (hospital-acquired infections HAI). Infatti, un recente studio di coorte ha evidenziato che tra la popolazione neonatale ospedalizzata i tassi di sepsi sono più di sette volte superiori. Nelle unità di Terapia Intensiva Neonatale, più della metà delle HAI risultano essere sepsi acquisite in ambito ospedaliero (hospital-acquired sepsis HAS) responsabili di un aumento della mortalità del 5,5% nei neonati ospedalizzati affetti rispetto ai neonati con le stesse caratteristiche ma senza HAS. Inoltre, la sepsi causata dalle cure sanitarie è associata a una degenza ospedaliera più lunga e a tassi di resistenza antimicrobica più elevati rispetto alla sepsi acquisita in comunità. “Più della metà di tutti i casi di HAS – sottolinea la Sin – sono, tuttavia, prevenibili attraverso misure appropriate di prevenzione e controllo delle infezioni. In base al timing dell’infezione, la sepsi neonatale è stata classificata in sepsi ad esordio precoce (EOS – con esordio nelle prime 72 ore dalla nascita) e sepsi ad esordio tardivo (LOS – con esordio dopo i primi 3 giorni dalla nascita). Questa classificazione implica differenze nella modalità di trasmissione prevista e nei microrganismi patogeni predominanti”. L’EOS è generalmente causata da trasmissione verticale dalle madri ai neonati durante il periodo intrapartum, mentre la LOS è causata da trasmissione orizzontale postnatale, principalmente da microrganismi acquisiti dopo la nascita. Una recente revisione sistematica e metanalisi degli studi epidemiologici sulla sepsi neonatale ha riportato che la EOS è 2,6 volte più comune della LOS. L’incidenza delle due forme di sepsi neonatale varia ampiamente tra diverse aree geografiche e gruppi di popolazione. Nei paesi sviluppati, l'incidenza della EOS è stimata intorno a 0,5-1 casi per 1.000 nati vivi e fino a 13.5 per 1.000 nati tra i pretermine, mentre la LOS, più comune tra i neonati ricoverati in UTIN, presenta tassi che possono superare gli 88 casi per 1.000 neonati ad alto rischio. Nei paesi a basso e medio reddito, l’incidenza è significativamente più elevata a causa di fattori come l’alta prevalenza di nascite pretermine, condizioni igieniche inadeguate e limitato accesso a cure prenatali e perinatali di qualità. “L’eziologia della sepsi neonatale – spiega la Sin – è cambiata negli ultimi decenni a causa dell’aumento della resistenza antimicrobica, della disponibilità di tecnologie per diagnosticare le infezioni e guidare il trattamento e dell’utilizzo di dispositivi sanitari invasivi che aumentano il rischio di infezioni associate all’assistenza sanitaria. La sepsi neonatale causata da batteri Gram-negativi resistenti agli antibiotici è responsabile di circa il 30% dei decessi neonatali dovuti a sepsi. La prognosi dipende dal riconoscimento precoce e dal trattamento appropriato, sebbene i segni e i sintomi siano spesso aspecifici e possano sovrapporsi a quelli di altre condizioni gravi”. (30Science.com)