Valentina Arcovio

Gli squali smeriglio possono essere preda degli squali bianchi

(3 Settembre 2024)

Roma – Per la prima volta, è stato documentato un evento di predazione da parte di un grande squalo a un suo simile. A riportare il curioso caso uno studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Marine Science, condotto dagli scienziati dell’Arizona State University. Il team, guidato da Brooke Anderson, ha utilizzato i tag di tracciamento per ricostruire un giallo associato alla morte di un esemplare di squalo smeriglio, scientificamente noto come Lamna nasus. L’animale, una femmina incinta, avrebbe potuto contribuire alla crescita della popolazione, per questo gli studiosi hanno evidenziato potenziali difficoltà associate al comportamento di predazione. Gli smerigli, spiegano gli esperti, sono grandi e possenti squali che nuotano nell’Oceano Atlantico, nel Pacifico meridionale e nel Mediterraneo. Questa specie, che ha un’aspettativa di vita fino a 65 anni, può raggiungere i 3,7 metri di lunghezza e i 230 chilogrammi di peso. Le femmine non si riproducono fino a circa 13 anni, e poi danno alla luce una media di quattro cuccioli ogni uno o due anni, che nascono vivi dopo un periodo di gestazione tra gli otto e i nove mesi. Il lento ciclo riproduttivo rende vulnerabili questi squali a minacce come la pesca, le catture involontarie e la perdita dell’habitat. Nell’ambito del lavoro, i ricercatori hanno catturato e rilasciato degli esemplari al largo di Cape Cod, nel Massachusetts, nel 2020 e nel 2022, dotandoli di tag di monitoraggio. Ogni animale era dotato di due dispositivi di tracciamento satellitari, che hanno permesso agli scienziati di valutare la posizione, la traiettoria, il movimento e la profondità di immersione. Gli autori avevano applicato il tag a una femmina incinta, di 2,2 metri di lunghezza, nella speranza di identificare habitat importanti per la specie e i loro cuccioli. Inaspettatamente, però, il dispositivo di monitoraggio dell’esemplare si era staccato 158 giorni dopo il rilascio dell’animale. Analizzando i dati raccolti, gli scienziati hanno scoperto che la femmina aveva nuotato per cinque mesi a una profondità compresa tra 100 e 200 metri di notte e tra 600 e 800 metri durante il giorno, in acque con una temperatura compresa tra 6,4 e 23,5 °C. Dal 24 marzo 2021, il tag indicava che il corpo era rimasto fermo per quattro giorni. La spiegazione più plausibile per questo insieme di informazioni, riportano gli esperti, prevede che lo squalo è stato cacciato e mangiato da un predatore più grande. Tra i probabili responsabili di questa uccisione, il team indica lo squalo bianco Carcharodon carcharias e lo squalo mako a Isurus oxyrhinchus. “È noto che gli squali mako – spiega Anderson – si nutrono di cefalopodi, pesci ossei, piccoli squali, focene, tartarughe marine e uccelli marini, mentre i grandi squali bianchi si nutrono anche di balene, delfini, foche e razze. Tra i due sospettati, siamo più propensi a incolpare lo squalo bianco”. “Se la predazione dovesse rivelarsi più diffusa di quanto si ritenesse in precedenza – conclude – potrebbe provocare impatti importanti sulla popolazione di smerigli. Siamo abituati a pensare a questi animali come i vertici della catena alimentare, eppure i progressi tecnologici ci hanno permesso di osservare interazioni molto più complesse di quanto avessimo immaginato. Dobbiamo continuare a studiare queste dinamiche per scoprire i possibili impatti a cascata che le interazioni tra predatori potrebbero avere sull’ecosistema”. (30Science.com)

Valentina Arcovio