Roma – Gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio-2 (SGLT-2) utilizzati per il trattamento del diabete di tipo 2 potrebbero prevenire la demenza, offrendo maggiori benefici con un trattamento più lungo. A suggerirlo un ampio studio coreano guidato da Eun Ha Kang, della Seoul National University College of Medicine, pubblicato oggi da The BMJ. Poiché lo studio condotto è stato di tipo osservazionale, i ricercatori fanno notare che la dimensione dell’effetto potrebbe essere stata sovrastimata e ritengono che siano necessari studi randomizzati controllati per confermare i risultati. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS, il numero di persone affette da demenza a livello globale dovrebbe raggiungere i 78 milioni entro il 2030 e il diabete di tipo 2 è associato a un rischio maggiore di sviluppare la demenza. Un recente studio, che ha coinvolto persone di età superiore ai 65 anni con diabete di tipo 2, ha rilevato una diminuzione del rischio di demenza associato agli inibitori SGLT-2 rispetto a un altro tipo di farmaco per il diabete, gli inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP-4). Ma, gli effetti sulle persone più giovani e su specifici tipi di demenza, come ad esempio la malattia di Alzheimer o la demenza vascolare, non sono ancora chiari. Per risolvere questo problema, i ricercatori hanno utilizzato il database del Korea National Health Insurance Service per identificare 110.885 coppie di adulti con diabete di tipo 2 di età compresa tra 40 e 69 anni, privi di demenza, che hanno iniziato ad assumere un inibitore SGLT-2 o un inibitore DPP-4, tra il 2013 e il 2021. Tutti i partecipanti, con età media di 62 anni e nel 56% uomini, sono stati abbinati per età, sesso, uso del farmaco per il diabete metformina e rischio cardiovascolare di base e sono stati seguiti per una media di 670 giorni per vedere chi ha sviluppato la demenza. Sono stati presi in considerazione anche fattori potenzialmente influenti, come le caratteristiche personali, il livello di reddito, i fattori di rischio sottostanti per la demenza, altre condizioni e l’uso di farmaci correlati. Nel corso del periodo di follow-up, sono stati identificati in totale 1.172 partecipanti con una nuova diagnosi di demenza. I tassi di demenza per 100 anni-persona erano pari a 0,22 per coloro che utilizzavano gli inibitori SGLT-2 e a 0,35 per coloro che utilizzavano gli inibitori DPP-4, il che corrisponde a una riduzione del 35% del rischio di demenza associato all’uso degli inibitori SGLT-2 rispetto a quello degli inibitori DPP-4. I ricercatori hanno anche riscontrato una riduzione del 39% del rischio di malattia di Alzheimer e del 52% del rischio di demenza vascolare associata all’uso di inibitori SGLT-2 rispetto agli inibitori DPP-4. Inoltre, l’effetto degli inibitori SGLT-2 sembrava più pronunciato con una maggiore durata del trattamento. È stata osservata una riduzione del rischio di demenza del 48% per più di due anni di trattamento rispetto a una riduzione del rischio del 43% per due anni o meno. Trattandosi di uno studio osservazionale, non è possibile trarre conclusioni definitive su causa ed effetto; gli autori fanno notare che non erano disponibili tutti i dettagli relativi ai comportamenti di salute, come ad esempio, fumo e consumo di alcol, e alla durata del diabete di tipo 2. Tuttavia, gli scienziati hanno sottolineato che si è trattato di uno studio di grandi dimensioni, basato su dati rappresentativi a livello nazionale, che ha incluso persone relativamente giovani con diabete di tipo 2 e i risultati sono stati molto coerenti tra i vari sottogruppi. Per questo motivo, secondo i ricercatori gli inibitori SGLT-2 potrebbero prevenire la demenza, offrendo maggiori benefici con un trattamento più lungo. “Lo studio riporta risultati promettenti che hanno importanti implicazioni per la pratica clinica e dal punto di vista della salute pubblica”, hanno affermato gli autori, che sono concordi sulla necessità di ulteriori studi per confermare i risultati e suggeriscono che sono necessari anche studi “per esplorare i meccanismi alla base di qualsiasi effetto neuroprotettivo degli inibitori SGLT-2”. “Poiché attualmente non esiste una cura per la demenza e sono disponibili poche opzioni terapeutiche efficaci, le strategie che possono potenzialmente prevenire l’insorgenza sono di importanza critica”, hanno aggiunto gli scienziati. Considerati i notevoli oneri socioeconomici e di salute pubblica associati sia alla demenza sia al diabete di tipo 2, i ricercatori raccomandano inoltre di aggiornare regolarmente le linee guida cliniche e le politiche sanitarie per incorporare le migliori evidenze più recenti sui potenziali benefici degli inibitori SGLT-2, compresa la riduzione del rischio di demenza. (30Science.com)
Valentina Arcovio
Alcuni farmaci per il diabete potrebbero prevenire la demenza
(29 Agosto 2024)
Valentina Arcovio