Lucrezia Parpaglioni

Inquinamento da plastica e inondazioni marine mettono a rischio le specie vegetali costiere

(5 Agosto 2024)

Roma – Due dei fattori di stress ambientale più pressanti del pianeta, quali le inondazioni dell’acqua marina e l’inquinamento da microplastiche possono potenzialmente alterare la crescita e la riproduzione delle piante che si trovano lungo le coste di tutto il mondo. Lo dimostra una ricerca condotta da esperti di inquinamento da plastica e di biologia vegetale della School of Biological and Marine Sciences e dell’International Marine Litter Research Unit dell’Università di Plymouth, pubblicata sulla rivista Environmental Pollution. Lo studio è stato condotto nell’ambito di BIO-PLASTIC-RISK, un progetto da 2,6 milioni di sterline guidato dall’Università e sostenuto dal Natural Environment Research Council. Secondo i risultati, entrambi i fattori di stress hanno avuto effetti sulle specie analizzate: le microplastiche hanno avuto un impatto sulla riproduzione delle piante, mentre le inondazioni hanno causato una maggiore morte dei tessuti. Tuttavia, l’esposizione congiunta a microplastiche e inondazioni, una minaccia che probabilmente aumenterà a causa dei cambiamenti climatici e dell’uso della plastica, ha avuto un impatto più pronunciato sull’allocazione delle risorse. Ciò a sua volta ha portato le piante a mostrare una crescita alterata e a subire una riduzione a breve termine dell’efficienza fotosintetica; le risposte influenzano la capacità delle piante di catturare acqua, nutrienti e luce solare e di contribuire al benessere dell’ecosistema. Lo studio indica che le microplastiche possono rappresentare un rischio elevato se combinate con altri fattori di stress come le inondazioni marine e che, di conseguenza, è prioritario stabilire le minacce rappresentate da fattori di stress multipli per la resilienza degli ecosistemi. “Questa ricerca evidenzia il potenziale delle microplastiche, composte da plastica convenzionale e biodegradabile, nell’influire negativamente sul funzionamento delle piante”, ha detto Winnie Courtene-Jones, autrice principale dello studio. “Inoltre, indica che l’effetto delle microplastiche può essere amplificato da altri fattori ambientali come l’innalzamento del livello del mare e le inondazioni costiere”, ha continuato Courtene-Jones. “Studi come questo ci aiutano a comprendere il potenziale danno posto dalle microplastiche a una serie di organismi e alla resilienza degli ecosistemi in generale”, ha osservato Courtene-Jones. Lo studio si è concentrato sulla piantaggine dal corno di cervo, Plantago coronopus, una pianta perenne a bassa crescita originaria dell’Europa, dell’Asia e del Nord Africa, ma presente anche negli Stati Uniti, in Australia e in Nuova Zelanda, che cresce comunemente negli habitat costieri delle dune e delle spiagge. Le piante sono state coltivate in un terreno contenente plastica convenzionale o biodegradabile per 35 giorni prima di essere inondate con acqua di mare per 72 ore, replicando il tipo di evento di inondazione sempre più spesso associato a tempeste e mareggiate costiere. Le piante sono state poi coltivate per altri 24 giorni e gli scienziati hanno monitorato la sopravvivenza delle piante, oltre a fattori quali le dimensioni, l’efficienza fotosintetica e la produzione di fiori. “Su scala globale, habitat come le dune costiere e le praterie aiutano a proteggere le comunità sotto forma di difese costiere e protezione dal vento; inoltre, svolgono anche un ruolo critico nel sostenere la biodiversità, ma sono sempre più minacciati dai cambiamenti climatici e da una serie di altri fattori ambientali”, ha dichiarato Mick Hanley, professore associato di Interazioni tra piante e animali e autore senior dello studio. “Questo studio sottolinea che non dovremmo guardare a queste minacce in modo isolato, poiché, messe insieme, i loro impatti possono essere più pronunciati”, ha continuato Hanley. “Ciò è particolarmente preoccupante se si considera che sia l’inquinamento da microplastiche che le inondazioni costiere sono destinate a peggiorare e intensificarsi nei prossimi decenni, a meno che non vengano attuate azioni ambiziose a livello globale”, ha concluso Hanley.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.