Valentina Di Paola

Alzheimer a esordio tardivo (ma non ereditario) potrebbe essere trattato con intervento precoce

(1 Agosto 2024)

Roma – La somministrazione di farmaci specifici in grado di ridurre l’accumulo di proteina tau e beta amiloide nei pazienti con Alzheimer a esordio tardivo potrebbe ridurre significativamente il rischio di depositi. Questo, almeno, è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati della Washington University School of Medicine di St. Louis. Il team, guidato da Andrew Yoo, ha trasformato delle cellule della pelle, prelevate da soggetti con malattia di Alzheimer a esordio tardivo, in neuroni. Scopo dell’indagine, quello di migliorare la comprensione di questa particolare forma di demenza senza necessità di biopsie cerebrali. L’Alzheimer a esordio tardivo, spiegano gli esperti, si sviluppa gradualmente nel corso di molti decenni e inizia a manifestarsi solo dopo i 65 anni. Alcuni degli effetti cerebrali della condizione includono l’accumulo di beta amiloide, i depositi di proteina tau e il decesso di cellule neuronali.

I ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis hanno sviluppato un modo per studiare i neuroni invecchiati in laboratorio senza una biopsia cerebrale, consentendo loro di modellare accuratamente gli effetti dell’invecchiamento nello sviluppo della malattia di Alzheimer a esordio tardivo. È mostrata una ricostruzione 3D della deposizione di placche di beta amiloide (verde) tra neuroni (rossi) cresciuti in laboratorio. Questi neuroni sono stati trasformati da cellule della pelle umana prelevate da pazienti con malattia di Alzheimer a esordio tardivo.
CREDITO
ANDREW YOO, ZHAO SUN

“L’Alzheimer a esordio tardivo – afferma Yoo – costituisce la forma più comune di questa malattia, rappresentando oltre il 95 per cento dei casi. Nonostante la sua frequenza, è difficile studiarlo in laboratorio, a causa della complessità dei fattori di rischio, come l’invecchiamento delle cellule e la necessità di prelevare campioni cerebrali”. Finora, in effetti, la ricerca in questo campo si è basata sull’utilizzo di modelli murini. Per valutare un nuovo strumento clinico, il gruppo di ricerca ha valutato l’approccio noto come riprogrammazione cellulare, che ha permesso al team di prelevare campioni di pelle da pazienti viventi e di trasformarli in neuroni. La tecnica di trasformazione si basa su piccole molecole di RNA chiamate microRNA, già impiegata per esaminare la malattia di Huntington, una condizione neurologica ereditaria che in genere mostra sintomi ad esordio nell’età adulta. I ricercatori hanno poi dimostrato che le cellule neuronali potevano autoassemblarsi in piccoli cluster, chiamati sferoidi, imitando l’ambiente tridimensionale del cervello. Gli autori hanno quindi confrontato gli sferoidi neuronali generati da pazienti con malattia di Alzheimer sporadica a esordio tardivo, con quelli ottenuti da persone con forma ereditaria della malattia e con un gruppo di controllo derivato da individui sani. Come era prevedibile, entrambi i modelli con Alzheimer hanno manifestato l’accumulo di proteina tau e beta amiloide. Il trattamento degli sferoidi del primo tipo con farmaci in grado di interferire con la formazione di questi depositi sembrava significativamente efficace quando la terapia veniva somministrata prima della manifestazione. Se i farmaci venivano somministrati dopo la presenza di accumuli, la loro funzione risultava notevolmente inferiore. Il trattamento con lamivudina non ha avuto alcun effetto benefico sugli sferoidi dei pazienti con malattia di Alzheimer ereditaria. Questi risultati mostrano chiaramente che lo sviluppo sporadico di Alzheimer a esordio tardivo correlato all’invecchiamento è associato a caratteristiche molecolari distinte rispetto alla forma autosomica dominante. “Il nostro lavoro è promettente per i pazienti con questa tipologia di demenza – conclude Yoo – il sistema modello che abbiamo sviluppato inoltre può essere utilizzato per lo sviluppo di interventi terapeutici personalizzati per la malattia di Alzheimer a esordio tardivo”.(30Science.com)

 

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).