Gianmarco Pondrano d'Altavilla

ERC Grant, una ricerca a guida italiana studierà l’effetto del riconoscimento facciale sulla democrazia

(8 Luglio 2024)

Roma – Studiare l’impatto del riconoscimento facciale e di altre infrastrutture per la raccolta dati sulla nostra democrazia. Questo l’ambizioso obiettivo dell’italiana Stefania Milan, Sono professoressa ordinaria di studi critici sui dati (Critical Data Studies) all’Università di Amsterdam, nei Paesi Bassi, che ha ricevuto un prestigioso finanziamento dal Consiglio europeo della ricerca (ERC). “Le telecamere per il riconoscimento facciale, i sistemi di identità digitale e i dashboard sanitari sono diventati parte integrante della nostra vita quotidiana – spiega la professoressa Milan – Queste tecnologie producono in tempo reale dati destinati al monitoraggio dei cittadini o al supporto delle decisioni in materia di risorse pubbliche, assumendo funzioni che in passato erano principalmente affidate agli esseri umani all’interno degli enti statali e delle pubbliche amministrazioni. Il mio progetto si propone di esplorare come queste tecnologie stiano trasformando il funzionamento e la stessa natura dei sistemi democratici. Partendo da tre ipotesi fondamentali, il progetto mira a indagare se questa nuova modalità di governance del sociale influisca sulla sovranità dello stato, favorendo l’infiltrazione del settore privato e delle grandi industrie tech nel sistema statale, oltre a modificare l’autonomia del cittadino e ad accrescere le disuguaglianze sociali. In particolare, il progetto focalizzerà la sua attenzione su tre categorie di tecnologie – biometriche, identità digitale e ambito sanitario – analizzandone l’implementazione e le relative conseguenze sociali nell’Unione Europea e in grandi democrazie non occidentali come Brasile, India e Sud Africa”. “Data la recente pandemia e l’introduzione dell’intelligenza artificiale generativa, la trasformazione digitale della società è stata accelerata, portando queste tecnologie a infiltrarsi sempre più nel tessuto pubblico e privato, con conseguenti costi sociali significativi – continua la professoressa Milan – I sistemi democratici sono sempre più vulnerabili alla penetrazione di tecnologie invasive. Urge capire come salvaguardare la democrazia e la coesione sociale. Smascherando l’impatto della tecnologia sulla governance del sociale, il mio progetto traccia il futuro della democrazia in un contesto di diffusa dataficazione. Attraverso l’analisi non solo delle democrazie europee, ma anche di quelle non occidentali come Brasile, India e Sud Africa, miriamo a superare un’interpretazione universalistica e univoca delle dinamiche della società dei dati. Infine, coinvolgendo i cittadini nella ricerca attraverso metodi partecipativi tipici della “citizen science” (il coinvolgimento del cittadino non esperto nella generazione di dati scientifici), cercheremo di promuovere l’alfabetizzazione digitale e la generazione di politiche pubbliche su questioni tecnologiche che siano davvero a servizio dei cittadini”. Si è chiesto alla ricercatrice come mai non abbia portato avanti laasua ricerca in Italia: “Lavoro con soddisfazione presso l’Università di Amsterdam dal 2015. Il mio dipartimento, Media Studies, è un centro di eccellenza: si classifica da ben sette anni primo al mondo nei QS Rankings per Subject per Communication & Media Studies. C’è una meravigliosa concentrazione di colleghe e colleghi che svolgono ricerche interessanti da cui continuo a imparare moltissimo, e riusciamo ad attrarre studentesse e studenti motivati e preparati. Prima di spostarmi su Amsterdam, ho lavorato all’Università di Tilburg (Paesi Bassi), all’Università di Toronto (Canada), alla Central European University (Ungheria), e all’Università di Lucerna (Svizzera). Attualmente sono affiliata con il Berkman Klein Center for Internet & Society dell’Università di Harvard e con la School of Transnational Governance presso l’Istituto Universitario Europeo. Non mi considero un cervello in fuga: ho semplicemente seguito le opportunità offertami dal sistema accademico, che è per sua natura globale, e non ho mai avuto l’occasione di lavorare in un’università italiana. Indubbiamente mi piacerebbe tornare nel mio paese, nel caso si presentasse l’occasione propizia!” (30science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla