Roma – Fiumi e laghi inquinati in tutto il mondo ospitano una popolazione nuova e in evoluzione di microrganismi e batteri che si sono insediati sulla superficie delle plastiche. Secondo una ricerca pubblicata nel numero di agosto 2024 della rivista Water Research, questo nuovo ecosistema legato ai rifiuti, soprannominato “plastisfera”, sta avendo molteplici conseguenze: dall’esaurimento dell’ossigeno nell’acqua, alla potenziale introduzione di patologie, e sta alterando la salute complessiva dei grandi sistemi fluviali.
“I fiumi offrono un’ampia gamma di servizi ecosistemici, dalla fornitura di acqua potabile, all’irrigazione per le colture, fino al sostegno alla pesca nelle acque interne, che centinaia di milioni di persone utilizzano come risorsa alimentare”, dice Veronica Nava, ricercatrice dell’Università di Milano-Bicocca e autore principale dello studio. “Il nostro studio è uno dei primi ad andare oltre la descrizione dei microrganismi che crescono sui diversi materiali plastici che inquinano i corsi d’acqua sul nostro pianeta, e giunge a dimostrare che essi stanno cambiando il ciclo dei nutrienti e la qualità delle acque nel fiume, causando una drammatica riduzione dell’ossigeno nel sistema fluviale. Questi cambiamenti hanno un impatto sulla salute di un fiume e sulla sua capacità di sostenere la biodiversità all’interno dei suoi ecosistemi”.
Un consorzio di istituti di ricerca ha analizzato la plastisfera del sistema del fiume Mekong inferiore in Cambogia, uno dei fiumi più diversificati e produttivi del mondo. Monitorando i diversi impatti sulla salute del fiume, i ricercatori hanno scoperto che le fiorenti popolazioni di batteri che vivono sulla superficie dei residui di plastica alteravano in modo significativo la qualità complessiva dell’acqua e incidevano sui servizi ecosistemici, soprattutto nelle aree con rifiuti mal gestiti. Inoltre, essi hanno osservato la presenza di organismi potenzialmente patogeni che potrebbero avere implicazioni per la salute umana, sebbene siano necessarie ulteriori analisi.
Il consorzio, parte del progetto Wonders of the Mekong, finanziato dall’USAID, comprendeva ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, dell’Università del Nevada, Reno, dell’Istituto di Tecnologia della Cambogia, del Desert Research Institute e dell’Università reale di Phnom Penh.
L’attività di Veronica Nava è stata possibile grazie al finanziamento ricevuto dalla Società Italiana di Ecologia e dall’Università di Milano-Bicocca.
Lo studio si è articolato esaminando l’accumulo di microrganismi sui residui di plastica trovati nei fiumi e valutando in laboratorio l’impatto sulla qualità delle acque legato alla presenza di questi microrganismi sulla plastica stessa. In particolare, il gruppo ha esaminato la selezione dei microrganismi per cercare di capire meglio se il tipo di rifiuti abbia un impatto sulla loro crescita e produttività.
“La combinazione dello studio di quattro diverse plastiche in tre diversi fiumi con i vari tipi di misurazione rende questo studio unico”, sostiene Monica Arienzo, professore associato presso la Divisione di Scienze Idrologiche al Desert Research Institute. “Riunire questi dati è importante per comprendere i potenziali impatti della plastica sugli ecosistemi acquatici”.
Sebbene il fiume Mekong fornisca sostentamento a oltre 60 milioni di persone, è anche uno dei fiumi più stressati del pianeta a causa dei cambiamenti idrologici dovuti alla costruzione di dighe e all’impatto degli usi del territorio, tra cui la deforestazione, la pesca eccessiva e il commercio illegale di pesci giganti ambiti in tutta la regione. Il fiume ospita il più grande pesce d’acqua dolce scoperto recentemente al mondo, una pastinaca gigante, oltre ad altre specie rare in via di estinzione. I rifiuti di plastica gettati nel fiume stanno diventando sempre più comuni, con un potenziale impatto sulla ricca diversità fluviale e sulla produttività della pesca.
“Il fiume Mekong e i suoi affluenti sono ricchi di biodiversità, ma l’inquinamento da plastica è un problema crescente nel bacino del Mekong, così come nei corpi d’acqua dolce di tutto il mondo” afferma il professor Sudeep Chandra, uno degli autori dello studio e direttore del Global Water Center dell’Università del Nevada, Reno. “Se si amplia questo lavoro, è possibile che, a causa dei microrganismi che popolano le isole di plastica galleggianti che stanno riducendo l’ossigeno nel fiume, inizieremo a trovare “zone morte” dove i pesci e altri animali non possono sopravvivere, specialmente durante la stagione secca.”
Si ipotizza che la riduzione dell’ossigeno contribuisca anche alla produzione di gas serra come l’anidride carbonica e il metano.
“Elevati livelli di inquinamento da plastica potrebbero creare punti caldi biogeochimici che produrrebbero gas serra all’interno dei fiumi”, continua Chandra. “Semplicemente, non possiamo prendere alla leggera il carico di plastica nelle acque dolci poiché potrebbe innescare tanti cambiamenti nei fiumi e avere un impatto su ciò che stiamo cercando di conservare”.
I corsi d’acqua sono stati spesso studiati come fonte dei residui di plastica nell’oceano, con i fiumi del mondo che trasportano ogni anno fino a 265.000 tonnellate di scarti di plastica in mare. Questa ricerca, la prima nel suo genere, porta alla luce una nuova serie di sfide che devono essere affrontate per proteggere i fiumi e i servizi ecosistemici che forniscono.
Questa nuova e crescente plastisfera d’acqua dolce potrebbe avere impatti di vasta portata secondo i ricercatori:
• La qualità dell’acqua, il calo dell’ossigeno e dei nutrienti potrebbero avere un impatto sulla salute dei pesci e degli altri abitanti dei fiumi. Ciò è particolarmente preoccupante in fiumi come il Mekong, uno dei più ricchi di biodiversità e importanti dal punto di vista funzionale al mondo.
• La colonizzazione di batteri e minuscole alghe che formano il biofilm sulla plastica può spingere organismi più grandi a ingerire i rifiuti di plastica “insaporiti”.
• I microorganismi potenzialmente patogeni, che vivono sulla plastica, possono compromettere l’accesso all’acqua potabile per gli esseri umani.
• I resti di plastica rivestiti con biofilm possono percorrere potenzialmente lunghe distanze, espandendo l’impatto geografico della plastisfera che si sposta lungo il fiume per le correnti.
Nel 2023, Nava e Chandra insieme ad altri co-autori hanno pubblicato una ricerca su Nature sulle alte concentrazioni di microplastiche nei laghi d’acqua dolce di tutto il mondo.. Questa nuova ricerca fornisce la prima prova degli impatti ecologici più ampi dei residui di plastica nei sistemi fluviali ed è un primo passo per comprendere meglio gli impatti della plastisfera sugli ecosistemi di acqua dolce del mondo.
“Questo studio evidenzia le sorprendenti interconnessioni tra l’inquinamento da plastica e gli ecosistemi acquatici e sottolinea la necessità di sviluppare soluzioni per ridurre i rifiuti di plastica” afferma Zeb Hogan, professore associato di ricerca presso il Dipartimento di Biologia dell’Università del Nevada, Reno e Direttore del Progetto Wonders of the Mekong. “Politiche che riducano i rifiuti di plastica andranno a beneficio delle persone, attraverso una migliore funzionalità dell’ecosistema, acqua migliore e più pesci”.(AGI)