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Omosessualità: molti animali lo sono, ma gli scienziati non lo dicono

(20 Giugno 2024)

Roma  – Il comportamento sessuale tra mammiferi dello stesso sesso, SSSB, è stato osservato nel 76,7% delle specie studiate, ma solo il 18,5% viene documentato dalla comunità scientifica. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista PLOS. Il fatto che i casi vengano percepiti come rari e poco prioritari è la principale ragione del mancato rilievo scientifico dell’argomento. Le osservazioni suggeriscono la necessità di superare pregiudizi e migliorare la divulgazione scientifica sulla SSSB. Il comportamento sessuale tra individui dello stesso sesso si verifica nella maggior parte dei cladi animali ed è definito come l’atto di comportamenti sessuali, come la monta e il contatto genitale-orale o manuale-genitale con membri dello stesso sesso. La SSSB è stata oggetto di studio in alcune specie di primati e ungulati, come ad esempio nei cervi e nei bisonti americani. La scarsità di rapporti pubblicati può essere spiegata dalla percezione che l’SSSB sia un comportamento raro e quindi difficile da studiare sistematicamente. Gli studi sugli animali sono iniziati solo nel diciannovesimo secolo, l’idea che Con il progredire degli atteggiamenti e della ricerca sulla SSSB, nel corso del ventesimo e del ventunesimo secolo, la nozione che vede l’SSSB come un raro “paradosso darwiniano” ha continuato a essere presente in tutta la letteratura. Un recente lavoro sul comportamento sessuale nei cetacei ha rilevato che la presenza o l’assenza di questi comportamenti era predetta. I ricercatori hanno condotto lo studio con lo scopo di indagare le tendenze di osservazione e pubblicazione sul SSSB. Gli scienziati hanno ipotizzato una lacuna nelle pubblicazioni sull’SSSB, cercando di comprenderne i fattori all’origine. La squadra di ricerca ha mosso l’ipotesi che tale assenza di documentazione potesse essere influenzata da fattori sociali che promuovono o meno la SSSB. I ricercatori che lavorano in Paesi in cui l’omosessualità è criminalizzata potrebbero essere meno propensi o impossibilitati a pubblicare articoli su questo argomento, per mantenere buoni rapporti di lavoro in quella regione. I valori politici o sociali delle istituzioni in cui i ricercatori lavorano possono costituire un ostacolo alla loro capacità di pubblicare su questo argomento. Al contrario, i ricercatori che appartengono al mondo LGBTQ+ possono essere più propensi a pubblicare relazioni sulla SSSB, poiché le identità sessuali, di sesso e di genere dei ricercatori possono avere un impatto sugli argomenti che studiano. L’indagine è stata condotta tra studiosi di mammiferi, biologi della fauna selvatica ed ecologi per valutare se i ricercatori osservano maggiormente le SSSB, per valutare se i ricercatori osservano le SSSB più spesso di quanto riportino nelle pubblicazioni sulle loro specie di studio. Un’altra possibile spiegazione è che i comportamenti socio sessuali, come l’SSSB, potrebbero essere poco studiati a causa di scarsi finanziamenti. Se il comportamento socio sessuale non è una priorità di ricerca per le agenzie di finanziamento, i ricercatori che sono altrimenti interessati a studiare la SSSB non hanno la possibilità di farlo. Sebbene pochi intervistati abbiano riferito di aver percepito una mancanza di interesse da parte di riviste specializzate sull’argomento, con l’1,9%, il 25,0% degli intervistati ha indicato che la SSSB non si adattava agli obiettivi di ricerca del loro laboratorio o non li raggiungeva. Il lavoro futuro su questo tema potrebbe esplorare la propensione nel finanziare di progetti che analizzino il comportamento socio sessuale animale e come questo influenzi gli obiettivi e le priorità della ricerca. Lo studio ha dimostrato che il comportamento sessuale tra mammiferi dello stesso sesso è osservato più frequentemente di quanto pubblicato. “Suggeriamo che la segnalazione aneddotica e l’uso di sondaggi di esperti possano ridurre questa carenza di informazioni e permettere di condurre più ricerche sulla prevalenza e sul significato evolutivo del SSSB nei mammiferi”, hanno concluso gli autori. (30Science.com)

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