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PLoS Genetics: i batteri simbiotici si adattano ai grandi cambiamenti ambientali

(4 Giugno 2024)

Roma – Studiare l’impatto dell’ambiente sull’evoluzione degli animali non è un compito facile, poiché la maggior parte degli animali si riproducono lentamente e mostrano comportamenti complessi. Tuttavia, i microbiologi hanno un vantaggio: i batteri si riproducono rapidamente, il che li rende un argomento molto più semplice per studiare l’evoluzione.

Laetitia Wilkins e il suo team dell’Istituto Max Planck per la microbiologia marina di Brema, in Germania, studiano l’evoluzione batterica in uno scenario davvero unico: l’istmo di Panama. Questa massa continentale collega il Nord e il Sud America, separando così l’Oceano Pacifico dal Mar dei Caraibi, e funge da luogo ideale per osservare “l’evoluzione in tempo reale”. La chiusura dell’Istmo, avvenuta 2,8 milioni di anni fa, provocò notevoli cambiamenti negli ambienti marini di entrambi i versanti. Il lato caraibico è diventato più caldo, più salino e povero di nutrienti, mentre il Pacifico tropicale orientale sperimenta temperature variabili, forti maree e alti livelli di nutrienti. Queste differenze ambientali hanno costretto la vita marina a sviluppare diverse strategie di sopravvivenza.

I lucinidi sono bivalvi marini che popolano sia le acque dei Caraibi che quelle del Pacifico che circondano l’istmo di Panama. Con almeno 400 milioni di anni, la famiglia delle vongole lucinidi abita un’ampia varietà di habitat, dalle bellissime spiagge alle oscure profondità abissali. Il loro segreto del successo sta dentro: i batteri simbiotici vivono nelle loro branchie e le aiutano a soddisfare i loro bisogni nutrizionali, formando un rapporto così stretto che queste vongole non potrebbero sopravvivere senza i loro piccoli compagni.

È interessante notare che i batteri simbiotici non sembrano dipendere dai lucinidi. Possono anche vivere liberamente nei sedimenti. Ciò consente loro di interagire con altri batteri e di scambiare con loro materiale genetico, attraverso il cosiddetto trasferimento genico orizzontale. Questo, combinato con la loro rapida riproduzione, li aiuta ad adattarsi rapidamente al loro ambiente.

“Volevamo scoprire come questi batteri simbiotici si sono adattati alle diverse condizioni ambientali su entrambi i lati dell’istmo”, spiega Isidora Morel-Letelier, che ha condotto lo studio nell’ambito della sua tesi di dottorato insieme a Benedict Yuen. Per raggiungere questo obiettivo, il Il team si è recato a Panama per raccogliere vongole lucinidi e analizzare il DNA dei batteri simbiotici nelle loro branchie per rilevare differenze nei loro genomi.

Adattamento diverso nei Caraibi e nel Pacifico

Morel-Letelier scoprì che i batteri simbiotici affrontavano la sfida in modo molto diverso su entrambi i lati dell’istmo: quelli dei Caraibi erano in grado di fissare l’azoto, mentre quelli del Pacifico non avevano questa capacità. “La vita non è possibile senza azoto. Poiché i Caraibi hanno livelli molto bassi di nitrato – una forma di azoto facilmente utilizzabile –, i batteri hanno bisogno di altre fonti di questo nutriente. La loro capacità di fissare l’azoto probabilmente ha permesso loro di sopravvivere lì. D’altra parte, i simbionti del Pacifico non hanno affrontato questo problema perché le loro acque contengono livelli di nitrati dieci volte superiori a quelli dei Caraibi”, spiega Morel-Letelier.

E ci sono più differenze genetiche. Gli scienziati di Brema hanno scoperto geni unici che erano presenti nei simbionti del Pacifico, ma erano assenti in quelli dei Caraibi. Ad esempio, i simbionti nel Pacifico avevano il potenziale per sintetizzare il gammapoliglutammato, che è un composto di stoccaggio prodotto dai batteri durante la limitazione dei nutrienti, o la deidrogenasi delle flavoproteine ​​​​a trasferimento di elettroni (ETF), che vengono prodotte in risposta alle basse temperature e alle condizioni anaerobiche. “Questi geni probabilmente aiutano i simbionti a far fronte ai cambiamenti stagionali più significativi del Pacifico in termini di nutrienti, temperatura e livelli di ossigeno rispetto ai Caraibi”, afferma Morel-Letelier.

Nuove capacità metaboliche hanno rivelato un viaggio evolutivo unico

Gli scienziati del Max Planck volevano anche capire come i simbionti caraibici acquisissero i geni necessari per la fissazione dell’azoto. Per questo, hanno confrontato i genomi dei simbionti attraverso l’istmo di Panama con i genomi di altri simbionti lucinidi provenienti da tutto il mondo. “Sembra che il loro ultimo antenato comune non possedesse la capacità di fissare l’azoto. Molto probabilmente la fissazione dell’azoto è una caratteristica recente acquisita solo dai simbionti che hanno affrontato un ambiente povero di nutrienti”, spiega Morel-Letelier. Questa scoperta evidenzia il ruolo fondamentale che l’ambiente gioca nel modellare l’evoluzione batterica. “Attraverso il trasferimento genico orizzontale, i simbionti lucinidi probabilmente hanno ottenuto i geni per la fissazione dell’azoto da un altro lignaggio simbionte”, osserva Morel-Letelier.

Le indagini future dovrebbero concentrarsi sulla comprensione della relazione simbiotica tra questi batteri e i loro ospiti lucinidi. “Sarebbe molto interessante sapere se le nuove capacità metaboliche dei batteri, come la fissazione dell’azoto, avvantaggiano le vongole lucinidi nella loro capacità di sopravvivere nell’ambiente, e se le vongole selezionano attivamente i candidati batterici che sono più adatti a vivere all’interno loro”, spiega Morel-Letelier.

“Questo studio migliora la nostra comprensione della capacità dei batteri di rispondere ai cambiamenti ambientali, il che ci porta a pensare che le comunità batteriche potrebbero già adattarsi ai cambiamenti antropogenici, come il flusso di nutrienti in eccesso dai campi agricoli alle acque costiere”, ha affermato il leader del gruppo. Commenta Laetitia Wilkins.(30science.com)

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