Lucrezia Parpaglioni

iScience: Il più grande genoma mai trovato è di una felce

(4 Giugno 2024)

Roma – Appartiene ad una specie di felce biforcuta, nota come Tmesipteris oblanceolata, il genoma più grande mai registrato. Lo rivela un nuovo studio pubblicato su iScience. Questa piccola pianta contiene 160 miliardi di paia di basi: 11 miliardi in più rispetto al precedente detentore del record, la pianta da fiore, Paris japonica, e 50 volte più del genoma umano. Non si sa perché la felce si sia evoluta in questo modo, o come possa accedere alla porzione relativamente piccola di DNA che è effettivamente utile, il che ha portato Ilia Leitch, biologa evolutiva presso il Royal Botanic Gardens di Londra, Kew, che ha scoperto il genoma gigante, a chiedersi come il macchinario cellulare della pianta acceda a queste parti del genoma fra questa enorme massa di DNA. “È come cercare qualche libro con le istruzioni su come sopravvivere in una biblioteca di milioni di libri: è semplicemente ridicolo”, ha detto Leitch, che è anche coautrice dello studio. Una piccola e insignificante pianta, simile a una felce, nasconde qualcosa di enorme: il genoma più grande mai scoperto, che supera quello umano di oltre 50 volte. “In un primo momento, avevo pensato che la precedente scoperta fosse vicina al limite delle dimensioni del genoma, ma le prove hanno ancora una volta superato le nostre aspettative”, ha affermato Jaume Pellicer, biologo evoluzionista presso l’Istituto botanico di Barcellona in Spagna, che ha anche scoperto, assieme a Leitch, il genoma gargantuesco di P. japonica ed è anche coautore dello studio. Il campione genomico del mondo, originario della Nuova Caledonia e dei vicini arcipelaghi del Pacifico meridionale, è una specie di pianta chiamata felce a forcella. Il suo numero colossale di coppie di basi solleva interrogativi su come la pianta gestisca il suo materiale genetico. Un’altra questione è quella relativa a come e perché un organismo si sia evoluto per avere così tante coppie di basi. “In genere, un maggior numero di coppie di basi comporta una richiesta aumentata di minerali che compongono il DNA e di energia per duplicare il genoma a ogni divisione cellulare”, ha spiegato Leitch. “Ma – ha continuato Leitch – se l’organismo vive in un ambiente relativamente stabile con poca concorrenza, un genoma gigantesco potrebbe non avere un costo elevato”. “Questo potrebbe contribuire a fornire una spiegazione, anche se piuttosto noiosa, per il grande genoma della felce forcuta: potrebbe non essere né dannoso né particolarmente utile per la capacità della pianta di sopravvivere e riprodursi, ma semplicemente la felce forcuta ha continuato ad accumulare coppie di basi nel corso del tempo”, ha commentato Julie Blommaert, genomicista presso l’Istituto neozelandese per la ricerca sulle piante e sugli alimenti di Nelson. Per ora i ricercatori possono solo ipotizzare le risposte a queste domande. Il genoma più grande che sia stato sequenziato e assemblato appartiene al vischio europeo, noto come Viscum album, con circa 90 miliardi di coppie di basi. Le tecniche moderne potrebbero non essere sufficienti per fare lo stesso per il genoma della felce forcuta. “Anche se viene sequenziato, rimane la sfida computazionale di prendere i dati e metterli insieme in un modo che rifletta biologicamente ciò che sta accadendo”, ha dichiarato Leitch. Trovare il modo di analizzare genomi enormi potrebbe fornire informazioni cruciali su come le dimensioni del genoma influenzino la crescita degli organismi, la loro capacità di prosperare nei loro ambienti e la loro resilienza ai cambiamenti climatici, indipendentemente dalla loro specifica sequenza di DNA”, ha sottolineato Leitch. “È straordinario che una pianta minuscola, non fiorita, che passerebbe inosservata alla maggior parte delle persone, possa offrire lezioni così importanti”, ha osservato Pellicer. “La bellezza della pianta è all’interno”, ha concluso Pellicer. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.